Una lettura compulsiva dei segni: Utsanga 2014-2024
by Egidio Marullo
Il punto non è avere delle idee. Il problema vero e più urgente è fare poesia. Oggi per l’oggi. La questione non riguarda lo strumento ma il soccombere del desiderio, una sconfitta che faccia vivere l’individuo dentro e soffocare fuori dalle parole. Il rumore delle foglie al vento è una parola rara che si muove tra i pensieri e galleggia alla deriva.
Certo che una rivista, per quanto si occupi di linguaggi liminali, colti nel loro incedere continuo, rimane sempre un contenitore, uno strumento ed una guida che vuole orientare il fruitore allo smarrimento, consolarlo senza indicare alcunché, nel mare magnum della proposta artistica odierna. Vero, ma Utsanga è altro, è un carme, la profezia del grembo gravido che allude al tempo, in un eterno fuori-sinc. Un incedere sistemico ma deluppizzato. Oggi per l’oggi, Utsanga è il ventre che nel contenere nutre. Nel difendere disarma, nel seppellire germina. Sin da prima del 2014 Francesco Aprile e Cristiano Caggiula corrodono i loro confini spaziali sino a rivoltarsi in ogni altra direzione possibile. Tutto ciò che è fuori compare dentro questa combine e diviene plausibile di esistenza. Tutto ciò che era stato fuori da Utsanga è già avvenuto, è già prassi ma i Nostri riversano su questo nuovissimo monte di pietà ogni patrimonio a loro disposizione. Quel ventre contiene e nutre.
Il problema vero era, dieci anni fa, per Aprile e Caggiula, quello di creare un apparato vascolare, con vene e arterie che potessero, non soltanto contenere ma anche veicolare, distribuire, far fluire ciò che oggi ha a che fare con la creazione necessitata, sognata. Altresì l’operazione doveva essere di matrice involontaria (i linguaggi contemporanei non sono espressione di volontà, né da parte dell’operatore né da quella del fruitore) e non doveva rispondere ad alcun progetto concepito da mente umana.
La lezione di Francesco Saverio Dodaro, la sua epigenetica modulazione del linguaggio, condusse Aprile e Caggiula in modo naturale a Utsanga, mettendo insieme conoscenze pregresse, la loro attenzione al liminalismo, al transitorio e la loro ancestrale ossessione per il segno e soprattutto quel loro “Contrabbando Poetico”, una sorta di gruppo d’azione e ultimo, necessario atto di annessione al mondo, da parte di due discoli alienati e bellissimi. Con un’innata capacità divinatoria, i nostri avevano già approcciato il tema del segno, sia nelle loro produzioni artistiche quanto nelle loro rispettive riflessioni critiche. Francesco Aprile, come pure Cristiano Caggiula, portano avanti la loro attività, da sempre su due livelli differenti: uno che guarda alla libera produzione di opere che spaziano senza soluzione di continuità dalla scrittura alla poesia visiva, dal cinema asemico alla performance; l’altro ambito invece li vede coinvolti in una lettura critica e puntuale del contingente, dello scenario dei linguaggi contemporanei. La loro voce, direi negli ultimi venti anni ha assunto, in tal senso un ruolo sempre più autorevole. Entrambi, tutt’oggi, a distanza di anni si affannano nella pratica della “Lettura dei segni”, una lettura compulsiva che apre continue, talvolta isteriche, geniali, altre volte effimere e momentanee prassi artistiche con cui il mondo dell’arte contemporanea prova a non sprofondare negli abissi della comunicazione. Ecco che oggi non esiste più il simbolo, non può resistere, risulta troppo pesante, non regge alla leggerezza. Quindi non rimane che gettarsi nel caos dei segni, senza preoccuparsi di quelli inutili e fallaci, falsi o esagerati, con la convinzione che anche questi siano parte di uno scenario che non potendo estromettere niente e nessuno deve necessariamente accogliere. Ecco spiegato il Ventre Utsanga e la sua capacità gestazionale.