F. S. Dòdaro. Cercarlo dove non appare
by Alessandro Laporta

 

Francesco S. Dòdaro, Vittorino Curci, Antonio Verri – Teatro Astragali, Lecce 1992, foto di Fernando Bevilacqua

Per sua natura F.S.Dodaro è uno scrittore che bisogna cercare dove non appare. Così prendendo per caso dallo scaffale la mia copia delle Lezioni americane di Calvino, ho trovato un appunto che a lui si riferisce, un pensiero caldo di quel momento in cui leggevo – o rileggevo? non ricordo – le pagine sfarzose dedicate alla “rapidità”, uno dei pregi, ma anche dei difetti, che Calvino traeva dal secondo millennio perché trasmigrassero nel nuovo, in quello che stiamo vivendo, invitandoci però, credo fosse questo il suo messaggio, ad assumere nei confronti di questi “valori” un occhio critico ed un forte senso di responsabilità. Ebbene si tratta di questo: il nome di Borges e quello di Bioy Casares, accomunati dall’antologia da loro curata di Racconti brevi e straordinari, virano in direzione di Calvino che sogna (sono parole sue, ma il sogno è del sogno di Borges) “immense cosmologie, saghe ed epopee racchiuse nelle dimensioni d’un epigramma”. Basta andare al rigo successivo: “Io vorrei mettere insieme una collezione di racconti d’una sola frase, o d’una sola riga, se possibile”. Eccolo allora Saverio! Non solo protagonista del sogno, esecutore di un mandato preciso in letteratura, frequentatore di un genere innovativo, ma interprete attivo con la sua genialità, con la narrativa “Compact type”, con le “New pages”, con la “Wall word”, di questa raccolta, unico autore veramente nostro nel panorama internazionale. E nel mio appunto l’ho trovato, arguto commentatore, informato operatore, lucido anticipatore di questo presente al quale manca proprio lui. Se il pensiero del suo lavoro e di quanto in proposito da lui era passato in me, non si fosse incontrato in quel preciso momento con la pagina scritta che rimandava al grande cieco della biblioteca, all’erede dell’enigma della rosa, al venerabile Jorge, non mi sarebbe forse rimasto, fra le altre mie cose, questo ricordo di Saverio, che è poi un avvertimento, un invito a fare meglio, un segno che indica una strada ancora da percorrere.

Cercarlo dove non appare è anche fra i tanti libri giunti in cantiere, amorevolmente seguiti e messi a stampa sotto la sua impagabile regia: l’alta professionalità, la competenza in campo tipografico, la sicurezza nelle scelte, l’idea geometrica del libro, il rigore nell’allestimento, la profonda conoscenza delle radici e degli obiettivi da raggiungere facevano di lui una indiscussa autorità e solo chi era alla sua altezza poteva comprenderne la assoluta coerenza, che talvolta per obiettiva inadeguatezza da parte di chi lo avvicinava, rischiava di generare passeggeri contrasti. Contrasti che poi la sua bonarietà dolcemente mitigava annullandoli. Ho discusso spesso con lui di questi argomenti ad un tavolino del bar difronte al Convitto Palmieri (Lecce) dove ci incontravamo, e mi rimane l’idea della sua devozione ai grandi che hanno fatto la stampa in Italia, da Manuzio a Bodoni a Tallone che incontrammo insieme, ma anche ai minori, a Valdemaro Vecchi che a Trani dette vita a una storia che dura ancora oggi e che porta il nome di Laterza, o a Giovan Bernardino Desa che portò a Copertino il miracolo del torchio, che naturalmente lui conosceva benissimo.

Cercarlo dove non appare è infine fra le pagine di un libro: le regole della catalogazione non permettono al bibliotecario di andare oltre la descrizione fisica, si dice che la bibliografia sia la scienza del frontespizio. Al bibliotecario è vietato – così diceva il mio maestro – andare troppo oltre e soffermarsi a leggere: questa operazione è pericolosa perché toglie tempo al mestiere. Ma come sottrarsi al piacere di trovare una descrizione, un dettaglio, un’atmosfera, un nome caro, magari familiare? Mi è capitato più di una volta ed anche per Saverio. Se si esegue una ricerca in OPAC al suo nome risultano intestate esattamente 39 schede, l’ultima datata 2009. Si tratta di una radiografia fuorviante dell’autore, che va invece cercato e studiato altrove. Ma quante sono le schede dove non appare? Tante certamente, e forse proprio quelle che contano di più: ne ricordo solo una, intestata ad un autore che mi è caro quasi quanto lui ed al quale lui voleva bene, Raffaele Nigro. Il rinvio a Saverio? Eccolo: “Fondatore del gruppo Ghen o dei genetici. Pittore, psicologo, trae da Freud la teoria del legame indissolubile tra utero e feto, madre e figlio. Un legame che non si dissolve per tutta la vita e che si fa mezzo propulsivo, ma anche catena”. Un profilo telegrafico, essenziale. E più avanti: “La strada è molto trafficata. Un vento leggero batte la pianura punteggiata di fichidindia e di sterpi. Un mare d’erba veste il suolo e di tanto in tanto si levano case basse e bianche di calce e piccole torri a tronco di cono come trulli. Su questo venticello, sul rombo dell’auto scoperta si leva la voce di Dodaro…”. E per finire: “Ma il pomeriggio ormai corre inesorabilmente verso la sera…”. E allora, è o non è Saverio, il suo ritratto che si staglia sul tramonto? Lo trovate dunque anche qui, dove il suo nome non appare. Parola di un amico bibliotecario che non può dimenticarlo.

 

 

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