Per un menofesto del manifesto liminale cioè del dunquale
Gianluca Garrapa
(rileggendo la manifestazione del liminale: studio ferie di sessioni di scrittura collettiva in contemporanea utilizzando puntate di Dropbox partire dal concetto di desiderio saperlo rata una modalità di scrittura non me lo litiga ma variabile rapita disabile all’aceto sul tardi troppo forte iniziando a scrivere accanto al mio porzioni di testo compare il nome dell’autore mentre l’autore ha scriverti intervento se l’autore di lo modifica in contemporanea anche le tue mesi e Bobo cambia l’attribuzione dell’autore identità eliminare la scrittura non me lo edifica attraversato il concetto di desiderio rintracciarlo forno stabile variabile Orazio liceo renderti altre volte in croce di someone war pollici video con prime QR cod audio Puglia con credem.it la sentirai di specializzazione tridimensionali grafici tabelle dati fa un pop se le mette allora provenienti dal mondo dell’economia descrizione di prodotti Dukan montaggi giochi linguistici eccetera il valore della attraversamento gioia direttrice questo è quanto ho letto dal manifesto del Viminale small in intimo che non è manifesto che non è ancora manifesto che non è più manifesto)
1-La follia-maschera di Amleto è una metafora indiretta, che traduce lo stato di liminalità-impotenza della parola scritta quando si tratta di tradurre immagini e stati mentali in ambito teatrale e spettacolare.
2-seguendo le tracce di Turner, notiamo come siano distinti i fenomeni liminali e quelli liminoidi: «L’artista isolato crea i fenomeni liminoidi, la collettività esperisce i simboli liminali collettivi.[…] Si lavora al liminale, si gioca col liminoide.» Egli sottolinea altre distinzioni tra fenomeni liminali e fenomeni liminoidi. Tra fenomeni liminali e fenomeni liminoidi v’è un’opposizione simile a quella tra collettività e individualità, tra lavoro e svago, così come avviene tra le società tribali e quelle agricole più primitive che producono schemi culturali le cui regole sviluppano forme binarie, contrapposizioni ‘naturali’ «quali caldo/freddo, umido/secco, coltivato/selvaggio, maschio/femmina, inverno/estate, scarsità/abbondanza, destra/sinistra, cielo/terra, sopra/sotto, e simili.»
3-Il fatto è che il poter-interagire con l’altro-mondo, il viaggiare all’interno della memoria culturale mitica, attraverso riti e sostanze psicotrope; i viaggi degli sciamani e delle streghe; i processi estetici e teatrali che hanno cambiato il mondo, i processi di liminalità che danno nome e ruolo, ordinano, catalogano, i processi digitali che stringono dentro una ragnatela l’informazione culturale dell’occidente può creare un’altra memoria mitica da attraversare con tute e caschi e guanti, con interfacce, con maschere che raccontano la storia del lavoro dell’uomo attraverso le sue epoche.
4-In ogni caso, la lettura o la partecipazione all’iper-mondo dell’assenza, il fare per-formatico collettivo o individuale, individua una transizione pura, che sembra eliminare il momento precedente della separazione e quello successivo della reintegrazione tipici dei riti di passaggio. Nel rito secondo Van Gennep si parla di passaggi graduali all’interno del rito di passaggio: dalla separazione, dal liminale, alla aggregazione. Per Turner, che privilegia la liminalità, «è questa la fase intermedia del rito di passaggio, quella fase di cambiamento in cui non si appartiene né alla struttura già acquisita, né a quella cui si deve giungere: è una fase di perdita di riferimenti verso il sociale e di una completa estraneazione, di destrutturazione, altamente creativa […] ma Turner dimostra, a differenza di Van Gennep, che questa fase non rappresenta un passaggio graduale (dalla separazione, al liminale, alla aggregazione) quanto un momento di rottura, di cambiamento radicale che conduce a una trasformazione anche delle strutture simboliche e sociali precedenti.» Questa è energia in movimento che determina il passaggio di informazione, la comunicazione tra testo e iper-testo, la rottura, per definirlo con la terminologia di Barba, che precede la ridefinizione costante e la messa in vita del proprio corpo, sia esso deciso, quotidiano o iper-mediale.
5-Dopo Turner, io privilegio il momento della liminalità, della rottura, ma in quanto tale: il soggetto separato dal mondo reale salta nell’iper-mondo, si aggrega e diventa un soggetto elettronico, ma nel passaggio, nella rottura, nel salto, sia lui che il mondo attraversato è assente, è pura immagine, nonluogo di trasformazioni che determinano una inter-
6-L’iper-mondo virtuale e l’inter-assenza esistono se, e solo se, interfaccio il mondo reale e quello virtuale, sovrapponendoli, creando un nuovo livello. La performatica, come metodologia di iper-testualità drammaturgica e ricerca antropologica, esiste nella modalità dell’assenza, nel momento in cui lascio fluire energia elettrica e desiderante all’interno di un rito al rovescio: è il gesto virtuale dell’utente-performer sulla terra del virtuale e sul corpo tecnologico, che nomina, codifica e stabilisce criteri momentanei di sopravvivenza. Non è più sul proprio corpo-mente d’attore e di utente che si stabiliscono nomi, catalogazioni o incisioni, ma sul grande corpo elettrico esterno che funziona come protesi del pensiero mitico occidentale: quello che era spirituale diventa elettrico; quello che è scambio, diventa inter-assenza e il soggetto-oggetto, l’attore-autore si perdono nella grande danza iper-mediale di un ethos elettronico, inter-assente e creativo, estremamente fragile e onnipresente.
7-Esiste una nuova forma di liminalità: l’inter-assenza?
8-Il soggetto che attraversa il virtuale non esiste, come non esiste il territorio attraversato.
9-I riferimenti letterari e clinici di De Martino al dover-esserci come imperativo etico di trascendimento verso l’oltre implica la possibilità di applicare all’arte teatrale l’ethos del trascendimento, considerando che lo stesso teatro è un processo nel quale predomina una fase liminale, come quella descritta nei riti di iniziazione: incertezza e rischio, transizione e superamento dialettico del rischio accomunano messe in scene consapevoli e momenti magico-religiosi che si sviluppano naturalmente e automaticamente per chi li vive da partecipante e che diventano oggetto di studio dal punto di vista dell’osservatore o fonte di diletto e catarsi per chi è spettatore non partecipante.
10-Schechner sta fuori e dentro dalla sua scrittura. Nel momento in cui scrive, egli è nel mezzo.
11-«È vero, le condizioni del ricercatore sono teatrali, perché esiste in uno stato liminale, in una situazione di transizione. Non è un performer e sicuramente neanche uno spettatore.»
12-È il paradosso dell’osservazione partecipante.