Liminalismo: desiderio, resto e mutualità di base
by Francesco Aprile
I punti di partenza sono molteplici: la dimensione non è univoca, siamo in un percorso di liminalità dei linguaggi artistici, un regno che è terra di mezzo: alla separazione della realtà intesa come iper-specificazione, risponde il flusso della transizione, dove i rapporti fra le parti si rompono e le cose si mescolano. Delle quattro fasi individuate da Turner, le linee della ricerca confluiscono nel secondo stadio, accentuato, questo, dalle caratteristiche dei nuovi media: una fase di rottura, una di accentuazione che è liminalità, zona di passaggio prima dell’azione riparatrice del sistema e, in ultimo, di risoluzione del conflitto. Il flusso è permanente. Il processo di disintegrazione prospera nel corso del Novecento, si apre, si dilata e, in forma di sottotraccia, mondifica nell’oggi; ma dove, quando e come? La società si verticalizza: iper-specializzazione, skills, economicizzazione, rifiuto dello spreco, del gioco, a vantaggio di programmazione e calcolo: Lorenz ammoniva, ne Il declino dell’uomo, puntando il dito: specializzazione come scarsità di pluralità, l’epoca, così, tende a farsi povera di creatività, ma ci sono le tracce nascoste, le crepe, i bagliori improvvisi. Si assiste al passaggio, lungo il cambio di millennio, dal secondo Novecento e fino ai Duemila – ma non nel lirismo ancora soggetto a iper-specificazione, dal paradigma jakobsoniano della mimesi come propagazione della “poesia” (che qui intenderemo, però, in senso spatoliano, “totale”) che trasforma il linguaggio per imitazione, al paradigma del virus: C. Hanna ci parla di una lingua come un virus che rimane lì, invisibile, che non trionfa nell’adesione estetico-affettiva e, come un virus, rimane nel fondo, si camuffa e agisce come anomalia. Su queste coordinate i linguaggi si fanno liminali: per Gerard Grisey trionfano i suoni come materia prima del fare musica, ma sono suoni che radicalizzano le interazioni acustiche, entrano nel gioco, amplificano le ambiguità fra le parti in causa. Gli oggetti, gli elementi, la materialità diventano esperienze dinamiche: Mario Costa punta il dito sul flusso-asemantico come specifico della contemporaneità. Sacculina carcini è il parassita da cui Lorenz elabora il concetto di “sacculinizzazione”: parassitarismo e atrofia. I linguaggi diventano parassitari, si nascondono attaccandosi agli altri, diventandone parte integrante, creando faglie agenti che indirizzano comportamenti e modalità creatrici. Il soggetto della conoscenza è un ecosistema di simbionti. Per Lynn Margulis, allora, alla base della teoria evolutiva non si posiziona il gene, né l’organismo o la specie, ma la simbiosi: non un soggetto circoscrivibile, ma mutualità di base e ibridazione. Dal soggetto alla relazione. Il linguaggio, con Dòdaro, è una “e”, una congiunzione. Diremo, allora, dalla composizione, dalla matematica, alla relazione creativa e generatrice dei suoni, dei rumori, dei segni. Non un silenzio cosmico-solipsistico, ma un rumore-duale che ha come suo presupposto la relazione. I segni sono essi stessi una “lettera-litorale”, formazione di scarsa coesione dove si affollano i detriti che si nascondono e riemergono in un gioco delle relazioni che attiene alla non-permanenza, alla struttura multiforme: sedimentazione di singolarità antropica-liminale dove la realtà è terreno disassemblato, contiguità, compenetrazione di campi e piani differenti e fluidi.