L’affabulare cinematografico nell’opera di Ignazio Apolloni
by Francesco Aprile
1. Antigruppo/Intergruppo/Singlossie
Sulla rivista Intergruppo, fondata da Ignazio Apolloni, due tracciati di ricerca hanno trovato sin da subito ampio sviluppo. Da un lato scrive Francesco Carbone «Questa rivista è nata e vive da parecchi anni. L’ha fondata Ignazio Apolloni che, in collaborazione con Pietro Terminelli, l’ha condotta su tracciati della ricerca e della sperimentazione poetica calata in due distinti versanti, di elaborazione e di scrittura. Uno votato al ribaltamento linguistico e sintattico del verso costruito su una successione di impatti lessicali rispetto alla “tradizione” della parola, del suo codice semantico, ora sempre più incalzato negli slegamenti di significato e di senso – e perciò stesso parola poetica spesso altamente cadenzata nel suo flusso concettuale, nei suo eventi analogici, come nei suoi improbabili raccordi (così in Terminelli, per esempio). Una ricerca poetica, però, ancora basata sulla linearità, sulla orizzontalità del rigo che organizza lo spazio della pagina snodandosi, appunto, nell’ordine del verso. L’altro versante, invece, totalmente ri-versato nella liberalizzazione verbo-visiva dell’ingrediente poetico dislocato nel supporto della pagina o altrove, in altri siti catturabili dall’occhio, come diremo. Queste due componenti della ricerca poetica, l’una ancora di scrittura lineare e l’altra insubordinata nell’utilizzazione di segni, segnali, immagini e parole, sono state registrate e comunicate negli anni precedenti dal lungo ciclo di questo stesso periodico che, con la testata di Intergruppo, ha ospitato di volta in volta esempi tra i più rappresentativi della sperimentazione e della ricerca poetica dei nostri giorni, affermandosi presto anche a livello internazionale. Senonché, assecondando la propria vocazione, sia di teorico che di operatore in questo campo – e ritenendo inoltre che, rispetto alla poesia lineare, quella verbo-visiva è stata capace di fornire ulteriori e più interessanti sbocchi – Ignazio Apolloni ha operato una scelta decisiva, privilegiando, con l’uscita e la presentazione di questo nuovo numero, il versante più congeniale, aggiungendo così alla precedente testata di Intergruppo la definizione specifica di Intergruppo Singlossie» (Carbone F., poesia.net).
Ora, da un lato ritroviamo quella condizione che vertendo su una consecutio logica alterata, dinamitata, assente, trova teorizzazione e successive e diverse articolazioni in Italia a partire dall’esperienza di Martino Oberto, contestualizzata e storicizzata negli ’50, dall’altra il versante letterario, poetico, sviluppandosi sulle coordinate della poesia verbo-visiva, sposa una dimensione grafica della parola, aprendo al lettering, al tutto tondo, al fumetto, spostando l’attenzione dalla testualità al carattere grafico della parola, lavorando su motivi di contestazione anche formale. In questo senso l’opera di Ignazio Apolloni va letta a partire dalla fondazione dell’Antigruppo siciliano, avvenuta nel 1966 e in aperta conflittualità con quanto rappresentato dalla nascita del Gruppo 63, avvenuta solo tre anni prima a Palermo, e con la poesia di carattere ermetico. Nat Scammacca, teorizzando le linee guida dell’Antigruppo, affermava quanto fosse necessario dare più importanza al contenuto che non alla forma. In questo, Apolloni, lontano dal concentrarsi esclusivamente sul contenuto, ma attento alle dinamiche dei significanti, indirizza la sua produzione sui tracciati singlottici, aprendo e facendo proprie le esperienze verbo-visive, ma sviluppando, come già detto, la sua poetica sui tracciati visuali del lettering. L’attenzione ai significanti dell’opera si evince, inoltre, dalla parallela produzione di libri-oggetto, connotativi di un percorso che guarda contemporaneamente alla materialità e alla concettualità che questa genera nel lettore-osservatore. L’eco mcluhaniana è salda nell’opera di Apolloni. Componente importante è dunque, in rapporto all’Antigruppo, quella del dissenso aperto, manifesto, del contrasto, e l’apertura però al rispetto delle posizioni altrui, senza nessuna pretesa di imporre la propria. Il contrasto, la verve polemica, ironica, entrano a pieno titolo nell’opera di Apolloni. Il contenuto dell’opera, lontano dal sovrastare la forma, la influenza, così la forma dialoga con la concettualità in uno scambio reciproco. Allo stesso tempo, lontano dall’abbandonare la creazione all’impeto della passione, lo sviluppo della produzione artistica di Apolloni suggerisce una mediazione costante fra conscio e inconscio, una pianificazione minuziosa, quasi scientifica, logica, della creazione che con piglio scientifico e ripresa di stilemi modernisti gioca con simboli psicologici cercando di fare emergere contenuti inconsci, indirizzandoli nello svelamento critico del sociale. La Singlossia, nata dunque dalle ceneri dell’Antigruppo, tenta attraverso concatenazioni logiche multiple – capaci di rendere nell’opera il movimento diacronico della realizzazione del discorso poetico, della ricerca – una proposta che cerca d’affermarsi sui tre assi idosemantico, fonosemantico e diacronico.
2. Favole per adulti
2.1
Ci sono parole e situazioni che sembrano tendersi e accentuarsi nell’ottica di una collocazione temporale diversa, salvo, poi, tornare all’attenzione del lettore per il loro non provenire da un passato remoto costruito lungo un tramandarsi di generazione in generazione. Sono, invece, favole moderne che ci impongono il ricordo, un percorso di attenzione ad una condizione comune a tutti gli uomini, condensata nello spazio sognante che s’incaglia negli occhi poco prima del risveglio. Il ricordo è quel leitmotiv che dura una vita e si protrae nelle vicissitudini di altre persone, estendendo la sua propria durata oltre una vita stessa, sussiste, infatti, nel replicarsi, nell’esserci nelle vite altrui, annodato alla condizione dell’esser stati tutti bambini. In questa condensazione umorale tipica dell’essere bambini, del significarsi il mondo con lo sguardo incantato dell’immagine, si accoglie un percorso inconscio, quella struttura atemporale straussiana, che ricollega le favole di Ignazio Apolloni, seppur moderne, alla condizione tipica del racconto popolare che travalica il tempo destinandosi all’oblio, non per dimenticanza, ma per rassegnazione come assenza di catalogabilità, dove nella perdita del proprio tempo come datazione si riscopre un valore di rappresentazione universale della parola corredata da un linguaggio immaginifico, proprio dell’uomo archetipo che si spiega il mondo con l’immagine frammentata e soffusa dell’inconscio e l’incanto negli occhi come i sogni poco prima del risveglio. Forte, nell’opera di Apolloni, è la commistione del linguaggio scritto che s’accompagna al contesto, magico, di una componente fumettistica, una condizione che porta a favolare le parole, affabulazione sistematica del contenuto attraverso esportazione semantica di una serie di significanti rielaborati spesso attraverso le illustrazioni di Roberto Zito che decontestualizzano il percorso sociale contemporaneo, relazionando, come accennato in precedenza, la parola ad un incavo incantato che staccato dalla datazione del suo tempo di origine è singlottico, perché nasce sulle macerie della sua contemporaneità ponendosi nell’avviso di un divenire, in un tempo diacronico che ci proietta nella nostra singola condizione futura di uomini sognanti attorcigliati ad alberi di fluorescenti inclinazioni inconsce, a derivazioni post-urbane dove la natura, attraverso la favola, riprende a sé lo spazio che le è defraudato.
2.2
Vladimir Jakovlevič Propp, la morfologia della fiaba, lo schematismo, la strutturazione irreversibile delle componenti che, presenti o no, se ci sono s’apprestano a realizzarsi nella storia alla stessa cadenza, posizione, situazione. Jurij Michajlovič Lotman ne scompone l’essenza esistente. L’accostamento di elementi equivalenti mutuati nella ripetizione, nell’oscillazione ritmica della parola, la contiguità metaforica della non equivalenza; Apolloni, nell’assonanza, nella consonanza ritmica che stride fino a farsi dissonanza concettuale, pone l’ironia e il gioco al servizio di un ribaltamento strutturale della favola, della narrazione. La favola, in un progressivo diradarsi, diventa presa di posizione, di coscienza, ripulita dalle strutturazioni della consueta caratterizzazione, di quell’opposizione bene-male classicheggiante, e niente eroi o mostri cattivi, fate o folletti, ma il rovesciamento della medaglia che fa del quotidiano l’immaginario uscente di un linguaggio favoloso. Scrive Apolloni che «C’era una volta l’uovo di Colombo, direte Voi, e comincerete a pensare a cristoforo colombo, all’america, al vietnam […] a marconi, alla radio, al radio, a madame curie, ai fuoriusciti polacchi, alla polonaise, a chopin, a george sand, al suo sigaro, a truman, ad alamogordo, a fermi, agli infermi dell’8 agosto 1945» in una commistione di linguaggi, dall’apparato segnico della scrittura al favoleggiare del mondo del fumetto, il bianco e nero inchiostrato di poesia all’interno di un contesto storico che, dice Roversi, riguardo l’opera di Apolloni, si apre e «propone per la prima volta, credo, il senso di uno stravolgimento generalizzato – senza alcuna apocalisse, ma con la cattiveria abbastanza naturale anche se difficile da gestire, delle società o delle epoche che si dispongono a rinnovarsi dal fondo. In una situazione simile la condizione persistente, generalizzata e alienante – e che reputo negativa con dolore e da circoscrivere con forza convinta – è la disperazione. Che dà il senso del vuoto e nel vuoto precipita, senza offrire alternative».
3. La narrazione
3.1 La narrazione favolistica dei luoghi
Il punto di partenza è l’indeterminazione dei luoghi e dei tempi della narrazione. L’aspetto favolistico della narrazione di Apolloni torna a costruire percorsi letterari ritmati sulle sconnessioni temporali, in un luogo autorale laddove non sia più possibile contare il tempo, darne una “dimensione”, perché è proprio la veduta sul tempo, lo sguardo su di esso, a mancare, a venire meno in una costruzione storica che mescola il presente e il passato, così come li conosciamo, riprendendo a mo’ di spunto nomi storici dell’ambiente culturale (Marlène Dietrich, Verga), luoghi topici e utopici della letteratura mondiale (Potsdamer Platz, Brest e la sua Querelle, Acitrezza), che entrano, nel raccontare dell’autore siciliano, con il respiro mitico di quei luoghi, e quelle figure, che per qualità dell’afflato sanno costruirsi una propria dimensione al contempo sincronica e diacronica, una cadenza poietica intrecciata con l’aspetto favolistico della narrazione. Il percorso letterario ci appare come una rilettura in chiave contemporanea della scrittura favolistica, svuotata di una qualche morale intrinseca – al lettore il compito di leggerne o scegliere di leggerne una fra le righe – dove i personaggi non appaiono come fantastici, ma pescati dal reale finiscono per trascenderlo attraverso storie che spesso sembrano iniziare nel momento della fine, e si modulano con l’aspetto iniziatico di una serie di riti moderni, dalla lotta e ricerca di una continua affermazione di sé attraverso il denaro o la scoperta casuale di questo, che ci appare spesso traslato dietro scenari fantastici e comuni, appartenenti al sostrato collettivo delle storie dell’infanzia.
3.2 Il movimento cinematico/cinematografico della narrazione
La scrittura si sostanzia come uno scorrere di immagini, in quel movimento che è tipico dell’immagine reale, la quale dalla totalità fissa una serie di particolari nella lettura cinetica di un orizzonte cinematico dello spazio attorno. Nel testo il contesto è costruito sulle scene fantasma, mancanti e sottointese, riprese dalla costruzione tipica del fumetto, fino al costrutto cinematografico e alle sue immagini frammentate e prospettiche che saltano in maniera improvvisa dall’una all’altra, legandosi in maniera indissolubile allo sguardo del lettore, appunto, nell’azione movimentata della percezione vitale.
3.3 I piani erosi della narrazione
Il percorso della narrazione è quel procedere nelle parole che erose erodono la narrazione stessa. Il percorso letterario messo in atto da Apolloni scopre una dimensione labirintica apparentata con l’imperversare letterario di Raymond Queneau, ma che ha linfa nell’invecchiare continuo del tempo, nella morte dell’istante che subito si ripresenta e continua a procedere. L’autore, siciliano, inserisce talvolta luoghi topici dell’isola, senza mai legare i suoi percorsi letterari all’aspetto insulare, non ne subisce il peso del mito, della storia, ma forse la leggerezza dell’andare, l’aprirsi al viaggio. Caratteristica importante nel lavoro autorale di Apolloni è in quella successione continua di significazioni che tradiscono o mettono in discussione la costruzione precedente, ben oltre la condizione di contiguità espressa nella forma di una metonimia, l’autore siciliano arricchisce la costruzione letteraria attraverso questo procedimento che di continuo accumula elementi, forme, dimensioni e figure del narrare, che subito sottrae nell’indeterminato di ogni nuovo rigo, di ogni nuova parola, abbandonando il lettore ad uno spaesamento soltanto apparente. Tale spaesamento risulta svanire in questo gioco ad incastro in cui ogni nuova parola destituisce la precedente, in cui ogni nuova figura retorica utilizzata entra in conflitto con l’altra radicando la narrazione in quel lasso di tempo, infinito seppur morto, che determina incontri e contrasti fra culture e radici diverse, sovrapposte e interfacciate secondo stratificazioni multietniche globalizzate, rintracciabili nella frenesia narrativa dalla quale scaturisce l’impossibilità d’accedere realmente all’una o all’altra realtà. La narrazione svanisce con ogni nuova parola che erode la precedente.
Note:
Carbone F., La Singlossia: istruzioni per l’uso
Contiliano A., L’antigruppo siciliano tra storia e riflessioni
Roversi R., in Apolloni I., Storia dell’uovo d’oro, Geraci Siculo, Edizioni Arianna, 2011
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