Testo programmatico*
by Rolando Mignani
Per la pubblicazione di testi e opere di Rolando Mignani
si ringraziano Sandro Ricaldone e Vincenzo Lagalla.
nel 1966 stilando un testo programmatico, utilizzato poi nel ’68 in occasione di una mostra a genova, mi ero preoccupato quasi esclusivamente di allontanare dissertazioni di giudizio pittorico o pittoresche conclusioni critiche ricavate frettolosamente a volo d’uccello e preventivamente forzate sulla tecnica arbitraria dell’accostamento a precedenti storici.
presento qui uno stralcio di quel testo e nella misura che a distanza di anni ne riabilito alcune parti attinenti all’odierna produzione dovrò allargarle a citazioni la cui chiarezza e pertinenza son state tenute presenti nell’esecuzione progressiva degli esercizi che seguono la cui distribuzione antologica deve ovviamente conciliare per ciascuno la dimensione semantica dell’opera esposta con la sua riduzione libresca; ovvierà in parte questo ridimensionamento l’uso della timbratura originale
…/… non diversamente i lavori presenti, per la loro formulazione in nessi simbiotici, sensibilizzano l’attenzione su alcune ragioni funzionali permanenti nello status linguistico. è il caso, per esempio, a grandi linee, del linguaggio parlato quando determina mutamenti di lingua. riesumazione ontogenetica della filogenesi normativa per una sorta di op-posizione esistenziata o meglio per un collaudo empirico la parola affrontata al quid contingente, per così dire, residuato nell’habitat necessario (nome & norma) della cosa reale denotata …/…
la premessa operativa per ciò che riguarda la tecnica di elaborazione simbiotica dei segni si avvale dei paradossi cui consistono le categorie; la coppia antinomica responsabile di ogni altra ramificazione seriale sarà senz’altro definita da natura-cultura: il racconto, la storia, la trama ossia lo sviluppo degli elementi e dei dati coefficienti che rispettivamente ne discendono, la mobilità, l’aleatorietà, l’esatta topologia, l’esattezza toponomastica e dunque il loro spettro d’applicazione revulsiva è talmente pregnante paradossale indefinibile che libera un tracciato labirintico di serie successive la cui trascelta; predominanza, osmosi determinerà l’assetto e la struttura testuale.
l’antinomia della parola è quella del suo tracciarsi …/… e così artaud: “tutti i termini che io scelgo per pensare sono per me dei termini nel senso proprio della parola, delle vere terminazioni dei risultati dei miei mentali (spazio bianco nel testo), di tutti gli stati che ho fatto subire al mio pensiero”. non in questi termini ma nella loro origine, nel movimento che porta ad essi sta la scrittura autentica: “io sono -continua artaud – veramente localizzato dai miei termini, e che io non li riconosco validi nel mio pensiero. io sono veramente paralizzato dai miei termini, da una serie di terminazioni. e per quanto il mio pensiero sia in questi momenti altrove, io non posso che farlo passare attraverso questi termini, per quanto contradditori a se stessi, paralleli ed equivoci possano essere, sotto pena di arrestarmi in questi momenti di pensare. le relazioni tra il pensiero e la lingua sono in uno stato di stupefacente disordine e le parole non concordano mai con l’originale dei suoi stati; in quanto termini sono esponenti di norme determinanti, terminazioni astratte sistematicamente dall’archivio stratificato della selezione empirica: azzeramento eidetico del grido, algebra del gesto e del segno, fantasma ideatico dell’antropometria pathos-logica:
…/… godremo di una parola che nell’atto di tracciarsi non giungerà a predicarsi, a suffragare l’episteme destinata a fondarla una volta restituita alla sua giurisdizione (codice) effettiva dalla veicolazione del consumo pragmatico; sarà il verbo tentato dall’ autofondazione: lo sfaldamento della coazione orale & il conseguente sprigionamento del proprio potenziale cinetico per autodeterminarsi graficamente, la propria genealogia epistemologica risarcendo la latenza della pagina portante ridimensionata in segnalazione attiva. polarità dialettica col segno portato analogamente al rapporto etnologia-linguaggio e siamo giunti al momento in cui il pensato (il tema) è sottratto alle articolazioni che lo propongono (la fra se): fraseologia, pragmatica, retorica normativa ossia stilemi profondamente appropriati all’alfabetizzazione del pensiero come sua convenzionale essenza sono ora contratti, precipitati, “recuperati” nella sostanza microscopica dei loro cristalli:
dall’orecchio all’occhio il capovolgimento epifanico degli attributi ontologici è dovuto allo spostamento di ruolo fra i membri di due categorie come interscambiabilità di sostanza ed essenza:
si risale di colpo il corso della storia dal linguaggio contestuale al metalinguaggio materico attraverso il periodo, la frase, e la parola, la sillaba, la lettera, il segno e la pagina dissimulando (iron) la fibr-illazione della retorica ideografica.” …si tratta di rendere, per mezzo del dragomanno di una retorica ben applicata, all’espressione del nostro pensiero la tensione e la verità delle sue stratificazioni iniziali … ” (artaud).
la pagina riscatterà il suo ruolo materico, essenziale, significante strutturando una lettera dislocata graficamente dall’epitelio lineare del parlato, dall’alfabetizzazione, dal tessuto fonetico del grafema. segno definito alla maniera strutturalista come grafema-zero, significante-zero, valore simbolico zero.
il concetto d’inflazione presuppone operativamente il rifiuto de lo statuto linguistico e del documento testuale quale sua propria testimonianza; se il tessuto connettivo di quest’ultimo cede le armi della propria significatività si evidenzia come un veicolo che non raggiunge il proprio bersaglio o che lo oltrepassa tangenzialmente: è il mondo reale designato che lo assorbe disintegrandolo nella propria quiddità, parificando, abolendo e azzerando l’ eterogeneità seriale del significante e del significato e l’habitat fagocitato leucemicamente dall’habitus… accanto & strutturato saldamente con gli oggetti e le forme del mondo troviamo altri oggetti e altre forme tracciate originalmente dal tentativo di costituirsi segni come si tenta l’investitura soggettiva rappresentando il significante, lo spirito, l’uomo: ceduto che hanno il ruolo virtuale dell’essenza fan parte ora della geografia sostanziale della realtà fisica; oggetti tra gli altri oggetti. linguaggio intransitivo come scrittura catturata dall’occhio.
accreditare all’occhio & alla materia una responsabilità deflazionante, apodittica e didattica è riproporre le cose in questi termini:
…/… che il passaggio dal linguaggio al metalinguaggio si identifichi sulla direttiva di altre serie specifiche come il passaggio dall’allegorico al tautegorico, dalla scrittura alla struttura, dal segno transitivo all’intransitivo, dalla denotazione alla connotazione dal significante indicativo come comunicazione prima alla comunicazione seconda del significante. strutturale uno con la mimesi. ecco nuove intersecazioni di piani, nuovi nessi, una rivoluzione percettiva degli strati della realtà, la realtà vista dall’arretramento nullificante: non indicarla a dito, assumerla intransitivamente …/… e
ma sentiamo deleuze:
” … vi sono sempre troppi segni significanti: date due serie, l’una significante l’altra significata, l’una presenta un eccesso, l’altra un difetto mediante cui esse si riferiscono una all’altra in eterno squilibrio, in perpetuo spostamento .. Il significante primordiale infatti è dell’ordine del linguaggio; ora in qualunque modo il linguaggio venga acquisito, gli elementi del linguaggio hanno dovuto essere dati tutti in una volta, tutti insieme, poiché non esistono indipendentemente dai loro rapporti differenziali possibili. Ma il significato in generale è dell’ordine del conosciuto; ora il conosciuto è sottoposto alla legge di un movimento progressivo che va da parti a parti, PARTES EXTRA PARTES. E qualunque siano le totalizzazioni operate dalla conoscenza. esse rimangono asintotiche per la totalità virtuale della lingua o del linguaggio.
La serie significante organizza una totalità preliminare, mentre quella significata ordina totalità prodotte. -L’universo ha significato molto prima che si cominciasse a sapere cosa significasse… L’uomo dispone fin dalla sua origine di una integralità di significante, che lo pone in grande imbarazzo quando deve assegnarla a un significato, dato come tale senza essere pertanto conosciuto. Tra i due vi è sempre un inadeguamento”. (Levi-Strauss, introduzione a Marcel Mauss -Teoria Generale della Magia-)
Tale paradosso potrebbe essere chiamato paradosso di Robinson. E’ infatti evidente che Robinson sulla sua isola deserta non può ricostruire qualcosa di analogo alla società se non dandosi in una sola volta tutte le regole e le leggi che si implicano reciprocamente, anche quando esse non hanno ancora oggetti. La conquista della natura è invece progressiva, parziale, da parte a parte. Una società qualunque ha tutte le regole a un tempo, giuridiche, religiose, politiche, economiche, dell’amore e del lavoro, della parentela e del matrimonio, della servitù e della libertà, della vita e della morte, mentre la sua conquista della natura, senza la quale non sarebbe più una società, avviene progressivamente da una fonte di energia all’altra, di oggetto in oggetto. Per questo la LEGGE grava con tutto il suo peso prima ancora che si sappia quale sia il suo oggetto e senza che lo si possa mai sapere esattamente. E’ questo squilibrio che rende possibili le rivoluzioni; non che le rivoluzioni siano determinate dal progresso tecnico, ma esse sono rese possibili da questo scarto tra le due serie che esige dei riassetti della totalità economica e politica in funzione delle parti di progresso tecnico. Vi sono quindi due errori, lo stesso in verità: quello del riformismo o della tecnocrazia,che pretende promuovere o imporre assetti parziali dei rapporti sociali al ritmo delle acquisizioni tecniche; quello del totalitarismo che pretende costituire una totalizzazione del significabile e del conosciuto al ritmo della totalità sociale esistente in quel momento. E’ questo il motivo per cui il tecnocrate è l’amico naturale del dittatore, calcolatori e dittatura, ma il rivoluzionario vive nello scarto che separa il progresso tecnico e la totalità sociale, inscrivendovi il suo sogno di rivoluzione permanente. Ora questo sogno è per se stesso azione,realtà, minaccia effettiva per ogni ordine stabilito,e rende possibile ciò di cui egli sogna.
Torniamo al paradosso di Lévi-Strauss: date due serie, significante e significata, vi è un eccesso naturale della serie significante,un difetto naturale della serie significata. Vi è necessariamente “UN SIGNIFICANTE FLUTTUANTE,che costituisce la servitù di ogni pensiero finito, ma anche la condizione di ogni arte, di ogni poesia, di ogni invenzione mitica ed estetica” – aggiungiamo: di ogni rivoluzione. Inoltre vi è, dall’altro lato, una specie di significato FLUTTUATO, dato dal significante “senza essere pertanto conosciuto”, senza essere pertanto assegnato né realizzato. Levi Strauss propone di interpretare così le parole robo o coso, qualcosa, aliquid, ma anche il celebre MANA (oppure anche ciò. un valore in se stesso vuoto si senso e perciò suscettibile di ricevere un senso qualunque, la cui unica funzione consiste nel colmare uno scarto tra il significante e il significato, “un valore simbolico zero, cioè un segno che indica la necessità di un contenuto simbolico supplementare rispetto a quello di cui è già carico il significato ma che può essere anche un valore qualunque a condizione che faccia ancora parte della riserva disponibile…” Bisogna comprendere a un tempo che le due serie sono contraddistinte l’una da eccesso e l’altra da difetto e che le due determinazioni si scambiano senza mai equilibrarsi. ciò che è in eccesso nella serie significante è letteralmente una casella vuota, un posto senza occupante che si sposta sempre; e ciò che è in difetto nella serie significata è un dato sovrannumerario e non collocato, non conosciuto, occupante senza posto e sempre spostato. E’ la stessa cosa sotto due facce, ma due facce dispari mediante le quali le serie comunicano senza perdere la loro differenza”.
(testo pubblicato nel volume La rimozione dell’orecchio nell’elargizione dell’occhio, a cura di Atelier Bizzarro, Libreria Sileno editrice – 1975)
*il testo originale non presentava titolazione. dovendone assegnare una, si è fatto riferimento, in questa sede, alla “programmaticità” che Mignani dava al testo.
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