Scrivere il corpo come arte desiderio
by Vitaldo Conte
La corporeità, negli ultimi decenni, ha assunto una sempre maggiore rilevanza nei percorsi espressivi, come nei suoi rapporti con la scrittura. L’arte ci indica che la pelle non avvolge semplicemente il corpo, ma lo apre, lo scopre per poi rivestirlo. La pelle può divenire la tela bianca dell’artista o la pagina bianca dello scrittore, su cui l’autore può estrinsecare la propria creazione desiderante.
La pelle non costituisce solo l’estremo rivestimento del corpo organico: è anche un incontro con l’esterno e l’altro. Il corpo, quindi, non ha nella pelle il confine ma il proprio inizio: su questo possono esprimersi le lingue della scrittura come arte. La pelle può tramutarsi così in un seducente richiamo: da scrivere, di-segnare, suonare, dilatare in un estremo testo che vuole vivere fino alla pura vibrazione. Può essere anche firmata, come nel caso di Piero Manzoni, per far diventare Scultura vivente (1961) il corpo di una modella.
Il segno-parola, insofferente a esistere solo nei confini delimitati di una pagina o tela, può ricercare spazi “altri” per esistere: come per esempio “scrivere sul corpo” come arte: «Scrivo, e la scrittura riempie lo spazio della pagina: è e si fa corpo» (Rella). Fra le possibilità trova la pelle come supporto: prezioso, mutevole, sensuale, dotato di un proprio calore e tatto. Calamita per lo strumento e la mano che traccia la segnatura del corpo: «Quello che c’è di più profondo nell’essere umano è la pelle» (Valery).
Nelle espressioni dell’arte italiana degli anni ’70 ci sono significativi esempi di scrittura del corpo-pagina. Ketty La Rocca, in alcuni lavori, usa parole e un gestuale suasivo per entrare nella segnaletica delle mani, del corpo e dei suoi movimenti, anche in chiave di comunicazione amorosa e interpersonale: attraverso la parola you, scritta sul palmo della mano e sull’ambiente. Guglielmo Achille Cavellini scrive l’autobiografia sul proprio vestito bianco (con cravatta, cappello e soprabito) e sulle estensioni corporali di alcune modelle. Claudio Parmiggiani presenta, in Deiscrizione, uno scriba seduto, dal corpo completamente ricoperto da ideogrammi, segni astrologici, lettere di antichi alfabeti. Tomaso Binga (pseudonimo artistico al maschile di una donna) diviene scrittura vivente: il proprio corpo si muove per incarnare lettere alfabetiche.
La corpo-grafia è una lingua di creazione fluttuante, che vuole oltrepassare i confini della carta e del quadro per divenire arte-narrazione. Io stesso, teorizzando sul desiderio che vuole debordare dai limiti del supporto, ho incontrato donne che hanno offerto il proprio corpo per essere “segnate” da me: come Possessione[1] della scrittura negli anni ’80; come pagina e tela di SottoMissione d’Amore[2] negli anni ’90.
Il mio ripetuto esempio di autrice segreta è Elisa Valdo, che rappresenta un limite della scrittura del corpo desiderante. Ha vissuto, per un breve periodo (anni ’90), la sua espressione, scrivendo al suo amante (che ora confesso di essere io) lettere sulle proprie pagine di pelle. Espone il corpo-supporto di segni come estrema scrittura, “trascritta” con la pulsione delle sue relazioni simboliche, per mezzo di un inchiostro rosso, che appartiene talvolta al proprio sangue. La pelle ne accoglie la dettatura fino all’arrossamento, al limite della ferita. Vive l’atto creativo come diletto estremo, che non vuole essere svelato, se non da chi entra in relazione con lei. Elisa rivivrà poi sulla pelle di Elenoire, divenendo così un corpo-multiplo che, spesso, “firmo” come mia opera d’arte e di pensiero. Può essere scritto anche dal desiderio di un altro, che riconosce come sua quella scrittura: destinata, per vocazione, ad “apparire” in una stagione del visibile, per poi forse “rivivere” in altri corpi.
Il corpo-testo è una imprevedibile creazione, che può essere scritto anche dal desiderio del suo autore attraverso le parole stesse. Scrive a proposito Roland Barthes: «Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi delle parole a mo’ di dita sulla punta delle mie parole». Il suo texte-désir ha ispirato la mia espressione teorica e artistica, a cui ho dedicato una mostra personale a Parigi (1999)[3]. È diventato anche un visionario “viaggio-racconto” collettivo di scritture-immagini da leggere in mostre che ho curato, iniziando appunto con Scritturadesiderio (Roma, Campi Salentina) nel 1999[4]. È proseguito con le esposizioni sulla Dispersione (Foggia, Roma, Siracusa, Catanzaro) nel 2010-11[5]. Si è concluso con la mostra sull’Eros Pagina d’Arte[6] (Lecce) nel 2010. Ho voluto vedere, in queste esposizioni, gli artisti attraverso opere costituite da frammenti, carte e appunti, poiché con queste espressioni potevano estrinsecare, maggiormente, le inclinazioni desideranti delle loro scritture. Questo viaggio del testo pulsionale attraversava la mia stessa scrittura (teorica, epistolare, artistica) e gli autori (storici e di ricerca) che avevo avuto come riferimenti o compagni[7]. C’erano anche le “carte d’amore” di alcune segrete autrici che avevano condiviso momenti del mio percorso di arte-vita[8].
Le scritture dell’arte desiderio si animano su molteplici supporti con le proprie pulsioni, divenendo esse stesse pelle, anche attraverso le grinze e abrasioni della carta. Tendono naturalmente al loro “fuoripagina”, in quanto tutto è disponibile a divenire segno e graffito. Essendo espressioni fluttuanti possono dilatarsi: in vibrazionali ambientazioni sinestetiche, in oggetti allusivi, nelle estensioni virtuali, ecc. Talvolta vogliono vivere nell’azione o nella sonorità live, fino alla rarefazione del rumore e silenzio. Sconfinano nel make up: attraverso l’uso dei cosmetici in una continuità di arte-moda-bellezza. Si espandono sul volto e corpo fotografato per ricoprirlo con molteplici segnali: come nella creazione graphic design, divenendo anche brand.
Le corpo-grafie emozionali sulla pelle, pur avendo confini fluidi, mantengono però sempre sotto traccia memorie e brusii della parola, fino alle loro estreme seduzioni che richiamano lo scrittore amante.
Nel mio evento performativo di arte-narrazione Ritual Estremo Amore, a Roma (Atelier Montez) nel 2016, ripercorro scene di miei eventi sull’arte desiderio, che scelgo attraverso l’alchimia dei colori (il bianco, il nero, il rosso). A questo percorso offro alcune rose rosse. Prima di celebrare la Festa Dionisiaca come Arte Ultima, scrivo la parola “desiderio”, con un pennarello rosso, sul corpo di tre donne partecipanti all’evento, per firmarle come frammenti della mia creazione: L sul collo, T sul polso e sulla mano, V sul ventre. La teoria si congiunge così sulla pelle con l’arte: entrambe desiderio.
[1] Conte V., Possessione, 1992. Foto pubblicate sulle riviste: Fermenti N. 3, Roma, 1983; Intergruppo 17/18, Palermo, 1984.
[2] Conte V., SottoMissione d’Amore, Il Raggio Verde Ed., Lecce 2007. Documentazione fotografica.
[3] Conte V., Toi mon Texte du Dèsir, Galerie Satellite, Parigi, 1999.
[4] Scritturadesiderio: Chioda, Roma; Caso Prato Calabrese, Campi Salentina (LE); 1999. Catalogo.
[5] Dispersione: Palazzetto dell’Arte, Foggia; Chioda, Roma; Galleria Civica, Siracusa; Galleria Prometeo, Catanzaro; 2000-01. Catalogo.
[6] Eros Pagina d’Arte, Biblioteca Prov.le “N. Bernardini”, Lecce, 2010.
[7] Tra gli autori esposti: Tomaso Binga, Guglielmo Achille Cavellini, Dario Damato, Franco Falasca, Vittorio Fava, Paolo Ferri, Toni Ferro, Michele Lambo, Oronzo Liuzzi, Tommaso Ottonieri, Francesco Pasca, Lamberto Pignotti, Franco Spena, Franco Verdi, Emilio Villa, William Xerra, ecc.
[8] Laura Baldieri, Malù Mantoan, Tiziana Pertoso, Elisa Valdo, ecc.
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