Tre disartrofonie e un quadrittico sequenziale
by Sonia Caporossi
A Ludwig Wittgenstein
Forse qualcosa rimane – nell’immagine sfocata della coscienza – sul ciglio del nonsenso, abbarbicato all’angolo – resta qualcosa di me di immane fuori mano – di immane nelle membra, ma di meno nel mio me – qualcosa di ridotto al lumicino del ricordo – qualcosa ricondotto all’usufrutto dell’indotto – qualcosa che esce dal corpo, che diminuisce l’incorporo – qualcosa che si gonfia si esalta si snatura – si ritorce oltre i confini, si slabbra si scapocchia fuoribordo – qualcosa fugge via, qualcosa è furibondo – un quid mi urla che muore, mi scappa da dentro e va fuori – qualcosa mi scappa dal corpo, deborda i confini, rifiuta l’ingombro – qualcosa si è ingrandito, qualcosa è diminuito – il primo è fuori di me, il secondo mi sagoma dentro – qualcosa è in trasformazione – e forse qualcosa rimane – ma solo se non è scontato – ma solo se tengo da conto – di contare fino a cento prima di respirare
A Gilles Deleuze e Felix Guattari
Le macchine desideranti sono macchine binarie – le macchine sono macchine, binarizzano la tautologia – desiderano un’identità, s’accoppiano d’urgenza – mettono su famiglia, si sistemano per sempre – si sposano, figliano, fagliano – e in prossimità del parto la crepa si fa manifesta – si slabbra, si spaura, si snaturano in fase coitale – s’addormentano sul divano, hanno sempre il mal di testa – quando il neonatale piange non ce n’è più per nessuno – si rifiutano al dovere d’ogni alcova coniugale – le macchine desideranti sono macchine bonarie – ignorano che non funziona, non sanno perché non va bene – arrivano al divorzio senza rendersene conto – binarizzano la scissione, fanno franta la coppia affiatata – si affidano all’avvocatese, si affiancano amanti sbagliati – affiorano tutti gli sbagli, sparpargliano tutte le carte – pure quelle che vanno firmate per la libertà auspicata – le macchine desideranti sono macchine binarie – con pochissima ram dedicata – afflitte da un bug di sistema: l’informaemozione è fallata
A Friedrich Nietzsche
Se questa non è un’epoca di decadenza e di declino della forza vitale, allora è perlomeno – un’epoca dell’alienare – una sosta forzata sulla soglia – una ricetta morale – posta in forma di ricatto per chi non vuole collaborare – allora è perlomeno – un gioco d’azzardo già perso – un solitario a carte scoperte sul vuoto – un cerchio tracciato col gesso – a contorno di un campo d’inazione – allora è un bel sonnellino – della ragione che genera mostri – allora è perlomeno – o forse perlopiù, chi potrà mai dirlo – una notizia al telegiornale a cui non crede nessuno – la notifica di una mail che non riesci a ritrovare – l’informazione entropica di un teorema sperimentale – che non sa spiegare i fenomeni perché non è strutturale – se questa non è un’epoca di decadenza – occorre declinare le nostre scuse ai posteri – perché lo sforzo vitale, allora, è perlomeno – un’epochè di decadenza, che non possiamo giudicare – perché a forza di de-cadere abbiamo sbattuto la testa – e ci siamo fatti (ben bene) molto, ma molto male
Nota. Le disartrofonie qui presentate riportano nell’incipit, a mo’ di titolo e abboccamento poietico/concettuale, estrapolazioni di paragrafi contenuti rispettivamente in L. Wittgenstein, Ricerche Filosofiche; G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo; F. Nietzsche, La Volontà di Potenza. Le estrapolazioni sono le seguenti: “Forse qualcosa rimane”, “Le macchine desideranti sono macchine binarie”, “Se questa non è un’epoca di decadenza e di declino della forza vitale, allora è perlomeno”. Le tre disartrofonie poetiche, che abbisognano di lettura ad alta voce, vengono accompagnate da un quadrittico sequenziale intitolato: Earthquake: from order to Chaos (1, 2, 3, 4) realizzato in digitale dall’autrice nel 2016.
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