Ugo Carrega, i percorsi della Nuova Scrittura
by Francesco Aprile

 

 

mi convinco sempre più, senza alcuno motivo logico ma
per solo sentimento, che io chiamo “perfezione” ciò che
tu chiami bellezza. Forse perché la perfezione è sempre
“perfezionabile” mentre la bellezza “è o non è”.

Carrega U., Oh perfezione, in Le avventure della bellezza (A cura di Kemeny T.), Milano 2008

 

1.
Ugo Carrega (Genova, 17 agosto 1935 – Milano, 7 ottobre 2014) è stato un poeta sperimentale italiano, autore di riferimento della poesia verbo-visiva, ha perseguito l’unione fra i diversi linguaggi, teorizzandola in un personale tentativo con le formule di “Scrittura simbiotica” e “Nuova scrittura”. Ha fondato e diretto i centri culturali Centro Suolo (1969), Centro Tool (1971), Mercato del Sale (1974) e Euforie Creative (1993), e le riviste Tool (1965, con Rodolfo Vitone, Lino Matti, Vincenzo Accame, Rolando Mignani, Liliana Landi), Bollettino Tool (1968), aaa (1969) e Bollettino da dentro (1972).

2.
Snodo cruciale dell’avventura poietica di Ugo Carrega è la rivista Tool nella quale andrà enunciando i caratteri fondamentali della Scrittura Simbiotica – poi evolutasi in Nuova Scrittura, il cui manifesto sarà firmato da Carrega con Vincenzo Accame, Martino e Anna Oberto, Corrado D’Ottavi, Rolando Mignani, Liliana Landi e Vincenzo Ferrari (1974) – un tentativo di allargare la portata del segno verbale, lavorando su una scrittura capace di integrare diversi linguaggi artistici. La strada intrapresa da Carrega e dagli altri autori firmatari di questo manifesto sembra percorrere una via diversa rispetto alle linee di ricerca italiane del periodo, dove da un lato si poteva riscontrare l’operato dei poeti verbo-visivi ruotanti attorno al nucleo storico fiorentino (Gruppo 70), dall’altro, invece, le sperimentazioni dei poeti in bilico fra le ricerche verbo-visive e quelle della poesia concreta, considerando, ad esempio, autori come Spatola e Lora Totino. Ad innescare la miccia di questa ricerca fu l’esperienza della rivista Ana eccetera dalla quale prese spunto Carrega per dare avvio al proprio percorso autorale. Questa rivista, ideata e diretta da Martino Oberto nel 1958 con Anna Oberto e Gabriele Stocchi, proponeva un discorso capace di coniugare aspetti all’apparenza opposti, lontani: un approccio analitico, rigoroso, alla riflessione, teorizzazione e pratica – anche artistica – ed un certo anarchismo dell’arte. Elementi che riecheggiano nel pensiero e nella pratica di Oberto arrivano direttamente da Pound e Joyce, Cummings e Wittegenstein. Nel primo numero di Ana eccetera infatti si delinea già una prassi legata all’aspetto pittografico della scrittura alfabetica, dove la parola apre al segno ed alla possibilità che una consecutio logica assente possa aprire ad una consecutio di immagini, astratta, allusiva. Da qui la gestualità libera di Oberto ed il richiamo del prefisso Ana colto nella dualità di Analitico-Anarchico. È così possibile pensare la “Scrittura Simbiotica” di Carrega proprio a partire dalla miccia di Ana eccetera, dall’esperienza poetica di Pound dove l’elemento iconografico appariva come coestensione della capacità significante del verso, legato alla parola ma già inteso in una divaricazione strutturale capace di guardare oltre, ampliandone rimandi e significati e sconfinando al di là della pagina intesa nel senso comune, fino all’esperienza sonora di Joyce, all’opera universale, storica e perciò umana in quella prassi che nell’afflato sonoro addensa le prospettive lessicali di una lingua nuova, composita e densa fino all’eccesso. È in questo contesto che Carrega enuncia il proprio Schema operativo della Scrittura Simbiotica, attraverso l’esplicazione di sei categorie legate alle espressioni grafiche e verbali e individuate negli elementi fonetico, proposizionale, lettering, segno, forme e colore. Sei elementi che con prassi analitica, secondo una struttura schematica, tabellare, passano in rassegna, delineando, categorie come poesia tradizionale, poesia concreta, pittura, per poi terminare con la “Scrittura simbiotica” che nello schema appare affiancata, fra parentesi, dalla dicitura “pubblicità”. Nuclei di questa suddivisione sembrano essere elementi distintivi delle sei categorie che a partire da queste si articolano in ulteriori e altrettante suddivisioni connotate da corrispondenze e giustapposizioni fra i diversi elementi delle categorie. Così dalla combinazione degli assi, orizzontale e verticale, riga e colonna, dello schema tabellare, si evince come il dialogo fra gli elementi sia costante e la combinazione viene da sé in una pratica che conduce l’operato di Carrega verso la “Scrittura Simbiotica” per l’allargamento dei confini della pratica autorale. Libertà di movimento, flusso grafico, anarchismo letterario, autorale, tonalità e nuclei sonori, semanticità naturale, intellettuale, formale e grafica, forme aperte o chiuse, colore come rafforzativo-emotivo, la pagina bianca come emozione pura, tonalità cromatica, flusso sonoro. Dalla suddivisione di queste caratteristiche nascerebbero la poesia tradizionale (combinatoria di elementi fonetici e proposizionali), la poesia concreta (elementi fonetici, proposizionali e lettering), la pittura (segno, forma e colore), per sfociare nella “Scrittura Simbiotica” capace di muoversi nella combinazione di tutti gli elementi e sotto elementi.

3.
La parola come immagine e l’immagine come parola è ciò che si mostra con più forza nella ricerca di Carrega. La pagina, in quanto elemento di scrittura, è essa stessa scrittura nella tensione che la vede cedere terreno ad altri segni e materie per riformularsi, per ritrovarsi terreno altro, e pur sempre pagina. Al punto che la scrittura è già nella pagina e se la pagina bianca si mostra come emozione pura è essa stessa già forma grafica, significante. È il passaggio verso la consapevolezza della struttura significante ad aprire e sganciare gli orizzonti della pratica autorale di Carrega. Se tutto è significante allora la scrittura apre alla simbioticità; fra immagine e materia la pagina ha sostanza che guarda oltre l’esprimibile, in un rapporto di reciproca coestensione significante fra pagina (e la conseguente costruzione dello spazio), parola e segno materico. L’ingresso della poetica nel campo del significante appare evidente nella convinzione che a partire da supporti differenti (marmo, vetro, carta ecc) il significato di una stessa parola muti. La matrice mcluhaniana del the medium is the message si mostra nella sua forza dirompente e seppur mostrando una sua peculiarità rispetto alle altre violazioni verbo-visive, la scrittura di Carrega prende avvio da concezioni teoriche diffuse nel mondo della ricerca andando, poi, appunto a connotarsi in altra maniera. Scriveva Eugenio Miccini che «la poesia visiva agisce in maniera radicalmente critica sui linguaggi dei massmedia […] si è formata una specie di inter-lingua massificata che corrisponde perfettamente ad analoghi atteggiamenti massificati» (Miccini E., pp. 16, 40, 41). Dunque, la poiesi al bivio fra immagine e parola si scopre mediatica e mediata, allo stesso tempo, dai modi e linguaggi della contemporaneità, attrezzati contro e con le armi del potere della società di massa, nello scavare le dinamiche della stessa. Così, secondo il canadese Marshall Mcluhan, la stampa si manifesta come “dichiarazione pittorica” ripetibile all’infinito, o – quantomeno – fino alla durata della matrice, frammentando le nostre vite psichiche in virtù di una sensibilità alienata, orientata verso un lutto dovuto alla separazione tecnica del gesto, l’immagine e il suono. Ancora. Miccini, in riferimento alla poesia visiva, parla di discorsi per immagini per ridare “un volto ai segreti dell’inconscio” (Miccini, La poesia visiva, 1964). L’elemento poetico appare colto in una tensione volta alla sintesi di aspetti preconsci e consci. La maturazione del pensiero e l’elemento magico, sognante, che lo precede. La sintesi ha calibrazione nell’apparato simbiotico secondo una reciproca utilità biologica dei segni, appunto simbiosi. Questa pratica autorale si mostra inoltre vicina ad elementi propri della psicologia della Gestalt, della forma, per cui i singoli elementi significano per sé e in altra maniera nel tutto al quale contribuiscono a dare un senso nella struttura della forma. È il cinema uno dei linguaggi a cui Carrega guarda con più attenzione, nella considerazione che è proprio in esso che le diverse arti giungerebbero ad unificazione. La modalità scritturale di Carrega è propria di un cinema statico o, ancora, di una espressione che filtra i diversi linguaggi attraverso una risultante capace di nutrirsi dei sistemi della comunicazione pubblicitaria. La scrittura è pensata cercando un modo in cui la parola si mostra nella sua capacità di darsi oltre la parola, insieme ad altri segni.

4.
L’esserin o l’esperienza poetica di Ugo Carrega è il frutto della tensione fra due opposte dimensioni: la materia naturale con le sue condotte e portate simboliche-archetipiche, e la materia autorale, successiva, che agisce in termini di intervento, operazione. Un esserci – che è in sé e fuori, in modo percettibile – e un essere in relazione o, ancora, in azione. Da qui l’esserin di Carrega è la sintesi e risoluzione di questa contraddizione che ha in sé un costrutto noetico predialogico e una esperienza analogica che s’accresce affacciandosi al mondo e nel suo essere in azione si mostra senza conclusione, ma come opera in processo.

«I termini della contraddizione sono la materia organizzata da me e la materia naturale (ossia, così come è prima del mio intervento). Simbolo costante della materia organizzata è il segno semantico della parola; simbolo costante della materia naturale è il pezzo di legno, il supporto, la materia-colore, ecc., che sono portatori di un significato archetipale. Solo nella unione dei vari segni, solo sul campo contestuale tutti questi segni acquistano, nel processo di assimilazione, un significato superiore, specifico, un senso che trascende ogni singolo elemento: questo processo è il momento fondamentale dell’opera» (Carrega U., 2002, p. 120)

Dall’apparato teorico di Carrega si evince come per l’autore la poesia non debba più soltanto servirsi di parole, che tutto è linguaggio e come ogni teoria debba essere operativa. La gestualità della parola appare volta ad azzerare, o quantomeno accorciare, le distanze fra pensiero e linguaggio laddove i problemi filosofici apparirebbero come problemi di linguaggio per dirla con Wittegenstein.

5.

Non chiedo/ al silenzio/ che la pace/ dal rumore./ Chi propone/ pensieri profondi?
Carrega U., Compoms, Parabita, Il Laboratorio, collana Scritture (a cura di Dòdaro F. S.), 1989

 

Nel 1989 Francesco Saverio Dòdaro fonda e cura la collana di ricerca letteraria Scritture, per le edizioni Il Laboratorio di Aldo D’Antico, Parabita (Le). All’interno della collana, che si sviluppa in una serie di titoli a carte sciolte in formato cartolina, troviamo i Compoms di Ugo Carrega. Questo, il primo titolo ad esser pubblicato, porta in copertina la dicitura “Dalla mente in poi dunque…”, sottotitolo che accompagna la pubblicazione. La parola poetica di Ugo Carrega che munge al corpo, alla sua digitalizzazione, ravvisa la sua concezione nello spazio della contrazione linguistica, come tributo ai poms del Joyce del Finnegans Wake – crocevia per le avanguardie del secondo ‘900 – sa materializzarsi nei crocevia del mondo, lungo il corso di un melting pot dialettico che intreccia metodologie, stili e linguaggi differenti nell’approccio simbiotico proprio della ricerca verbo-visiva dell’autore.

La parola poetica di Carrega, dei Compoms, come paradosso letterario-sonoro che muove nel silenzio, cercandolo, ravvisando in questo lo spazio necessario per la propria alimentazione poietica che salta dal buio alla luce in un processo scritturale che si connota cercando le connessioni fra parola e naturalità, o momento naturale, in uno scavo che è nel tessuto del corpo, ma già teso in avanti, lanciato lungo una tensione tecnologica che porta la sua parola a confrontarsi coi linguaggi della tecnica, in un salto che dalla carta tende ai pc per poi ritornare alla carta, nel tratteggio dei Computer Poems (Compoms) che hanno raccolto quelle che erano le nuove scritture dell’autore, dipanate fra il 1963 e il 1988, elaborate manualmente e poi riformulate al pc. Diretta espressione del modus operandi dell’autore, della messa in discussione delle forme e dei materiali, dei linguaggi che tentano sempre l’altrove.

 

 

 

Bibliografia

Accame V., Ricercari, Milano, Edizioni Tool, 1968

AA.VV., Fra significante e significato, Pavia, 1975

AA.VV., Tool. Quaderni di scrittura simbiotica, n°6, Milano, Edizioni Tool, 1967

Ballerini L. (a cura di), Scrittura visuale in Italia, Torino, Galleria d’Arte Moderna Torino, 1973

Carrega U., Oh perfezione

Schema operativo della scrittura simbiotica

4 equivalenti, 2 equivalenti e un rapporto in viceversa, 1965

La pagina come scrittura, 1966

Segno vita

Rosso seriale

Idea rotore

10 proposizioni per la poesia materica, 1969

Babine kuce

Piccola Liguria

Pagina intera/Pagina spezzata, 1974

Nuova scrittura, 1975

Amore mio, 1982

Segni in uso

Luce, 1985

Il corpo di Eraclito, 1987

Respiro costante, 1988

Fare, 1989

Compoms, 1989

Ri-considerazioni, in Parole in vista, Caltanissetta, 2002

Cent’anni di scrittura visuale in Italia 1912-2012, Ivrea, Museo della Carale, 2012

De Donno E. – Macchia G. – Troiani F. (a cura di), LIBEROLIBROdARTISTALIBERO3, Spoleto, 2006

Dòdaro F. S., Riflessioni per Ugo Carrega, in Dòdaro F. S., Disperate del XX secolo, Scritture, Parabita, Il Laboratorio, 1989

L’Archivio Nuova Scrittura di Paolo Della Grazia (Inventario), Mart, Trento-Rovereto

Marziale F., Parole in pagina. Dalla poesia visuale all’impaginazione della poesia, Politecnico di Milano, 2011

Miccini, Adriano Parise Editore

Miccini E., La poesia visiva, 1964

Sarenco – Mascelloni E. (a cura di), Poesia Totale. 1897-1997: Dal colpo di Dadi alla Poesia Visuale, Adriano Parise Editore

Spatola A. (a cura di), Le forme della scrittura, Bologna, Galleria d’arte moderna, 1977

Spena F. (a cura di), Parole in vista. Momenti della scrittura visiva e del libro d’artista in Italia, Caltanissetta, 2002