Narcisismo magico. Poetica del taglio in Luc Fierens
by Francesco Aprile
Luc Fierens, Geladen Gedichten, Uitgeverij Stanza, 2016
Sono continui cambi di prospettiva ad animare il lavoro di Luc Fierens, poeta visivo belga che dagli anni ‘80 è attivo nella realizzazione di network internazionali per il libero scambio di idee e progetti, nel solco che le reti di mail artisti avevano già contribuito a tracciare. Un percorso, quello di Fierens, che vede la costante costruzione di reti di dialogo e discussione attraverso la considerevole quantità di progetti espositivi e editoriali avviati, si pensi anche soltanto al lavoro svolto con i suoi PostfluxusPostbooklet. Geladen Gedichten è il suo ultimo lavoro di poesia visiva, edito nel 2016 da Uitgeverij Stanza, e vede al suo interno una nota di Elena Marini. L’opera ribadisce l’attenzione di Fierens per lo sguardo e i corpi come contraltare alle violenze mondiali. Lo sconvolgimento del mondo è affrontato come sempre con coscienza critica. Il testo, caratterizzato da queste coordinate generali che affiorano in tutta l’opera del poeta belga, si apre e prosegue in un crescendo di situazioni e strappi e immagini che via via scoprono il “gioco” dell’opera. Una partenza in sordina. Gli sguardi nelle prime immagini risultano meno incisivi, seppur presenti non dominano la scena come Fierens ha spesso saputo fare. Ma è una scelta, quella del poeta, la costruzione di un percorso. Le immagini sono sottoposte ad una serie di tagli prospettici che nella fase iniziale, almeno per un po’, neutralizzano, solo in apparenza, il momento catalizzatore dello sguardo. Sono tagli che Fierens elabora ormai da diversi anni, i quali mostrano come l’autore abbia ben assorbito l’esperienza verbo-visiva di Stelio Maria Martini, e come al poeta italiano sia debitore per certi suoi salti di prospettiva. Da pagina 9 a pagina 19, le immagini sono sottoposte a tagli drastici e accostamenti che si muovono per contrasti. Un taglio energico sui corpi al punto che alcune immagini si presentano monche, private o dello sguardo o delle gambe. L’assenza, provocata dalla drammaticità dei tagli, è risaltata in un pathos compositivo accresciuto dai contrasti, ma ne ribadisce al tempo stesso la presenza, laddove l’oblio non fa altro che richiamare allo sforzo della memoria. Fierens gioca con le immagini, e il lettore non può fare altro che girare attorno ai tasselli mancanti che in questo “vuoto” sono rilanciati a nuova presenza. Il cambio di passo avviene a partire da pagina 20, dove i tagli drastici diventano “segnali”, assumono le coordinate simboliche di un indirizzare, indicano qualcosa e portano il lettore direttamente sullo squarcio che è centrale non perché al centro dell’opera, ma perché connota l’andamento del testo, dando un senso e un indirizzo a ciò che precede e a ciò che segue. Al centro dell’immagine si è portati dai tagli circostanti che ancora per contrasto indirizzano allo sguardo. L’oggetto soggettivo, osservante, è indirizzato verso l’oggetto/sguardo che appare, il quale riconduce ad una partitura dialettica che corre al di fuori della catena ordinaria delle altre immagini, proponendo una costruzione del reale diversa, a partire da un primordiale recondito che sfugge e che Fierens non definisce mai, lasciandolo aperto e libero nell’opera. Questo lavoro sullo sguardo prosegue lungo una serie di immagini le quali, secondo il percorso “critico” di Fierens, affrontano le brutture e storture del mondo costruendo un “reale possibile” che nelle pieghe del desiderio legittima e libera volontà di cambiamento. Il cambio di passo, ovvero il progressivo svelamento avvenuto a partire da pagina 20, trova una sua conclusione con l’ultima immagine della serie. A pagina 39 compare la formula usata di frequente dal poeta belga: narcisismo magico. Ponendo l’accento sullo sguardo e sui corpi, Fierens fonda un discorso basato sulla capacità creativa del desiderio che nella creazione di un mondo altro, critico e sognante, entra in corrispondenza con la sfera del magico. Fierens esce dal “possibile” per passare lungo le vie dell’incanto e dell’amore infinito che resiste ai crolli e alle macerie, le quali non fanno altro che risaltarlo.
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