Differenza ed estetica digitale: il glitch
by Francesco Aprile

  1. Una poetica dell’errore è la dimensione alla quale, l’intervento dell’essere umano, destina l’opera tecnicamente identificabile come Glitch. L’intervento esterno, volto a provocare un errore all’interno della trasmissione dei dati, genera la messa in evidenza del codice che sottace all’immagine ultima, degradandola. L’immagine ultima, completa, precisa, definita, da un lato, l’errore dall’altro, si collocano rispettivamente lungo i piani metafisico/dogmatici, i primi, e nelle membra di quelle avvisaglie di disgregazione logico-formale che si stagliano nel mondo, in maniera sempre più consistente, dall’emancipazione estetica, dalla messa in discussione dei codici e dalla crisi del soggetto, i secondi, le cui avvisaglie ritrovano nell’opera di Nietzsche un parametro di importante costruzione teorico/pratica. È proprio sul versante teorico/pratico che si apre un ulteriore campo d’azione all’interno della poetica glitch, la quale si in-scena in squarci e frammentazioni, lungo il corso del ‘900, a cavallo della pratica che prende il posto della dimensione teorica, consentendone, per vie traverse, una esplicazione antiautoritaria e antiunitaria che svincola il risultato dalle gabbie del dogma. Importanti cambiamenti sociali muovono a cavallo delle evoluzioni tecnologiche, le quali intervengono in modificazioni sulle modalità di pensiero e azione. Da un lato la sempre più invadente proliferazione di oggetti, seguita, in un primo momento, dall’ostinarsi dell’attore sociale contro l’evento/scontro con conseguente fredda rilevazione da parte del soggetto condotto ad un parossismo percettivo/emotivo, dall’altro, il rapido modificarsi di questi oggetti costituisce un cambio di paradigma che va a rendere obsoleta l’opposizione soggetto/oggetto, la quale entra in uno scenario nuovo. «Uno studente americano […] identifica, come se fosse una cosa ovvia, soggettività e narcisismo; pensa probabilmente che la soggettività consista nel parlare di sé […]. Il fatto è che è vittima d’una vecchia coppia, d’un vecchio paradigma: soggettività/oggettività. Però oggi il soggetto si coglie altrove, e la soggettività può ritornare ad un altro punto della spirale: decostruita, disunita, dirottata, senza ancoraggio»[1]. Tali condizioni – che trovano una messa in opera nel ‘900 dalle esperienze esistenzialiste alle opere di Lacan, Deleuze, Barthes, Derrida ecc – concorrono alla formulazione di una diversa concezione del soggetto. Ciò che preme sottolineare in questa sede è che nel cambiamento intercorrono una nuova strutturazione dei media, e un rapporto informazionale fra soggetto/oggetto i quali si scoprono fluidi, malleabili, smettono di opporsi resistenza, indirizzandosi verso un continuo dialogo di superfici frammentate, discontinue, rizomatiche. In tal senso, una delle prime esperienze glitch si mostra ancora a cavallo di mutazioni socio/tecnologiche. L’avvento della tecnologia video, in sostituzione della pellicola, apre all’irrompere dell’elettrodomestico “videocamera” nel mondo e più precisamente nel mondo dell’arte. Nel 1963, Nam June Paik presenta presso la galleria Parnass, la performance/installazione 13 TV: 13 distorted TV sets, nella quale, fra oggetti vari, 13 televisori mostrano immagini distorte, ovvero glitch, fino a quando nel 1965, tramite l’utilizzo della prima videocamera Sony, PortaPack, filma avvenimenti quotidiani, antiestetici, antiartistici nella concezione classica dell’arte, come, ad esempio, il traffico di New York, mostrando le riprese, nella stessa giornata, presso il Café Gogo (Greenwich Village). Sarà, inoltre, a partire dagli anni ‘90, in seno all’esplosione della net.art e dei notevoli salti paradigmatici che i nuovi media di lì a poco permetteranno, che il glitch troverà una sua diffusione più fluida e ludica, parodistica, ironica, nella consapevolezza che questa prossimità fra superfici informazionali, soggetto/oggetto, contribuisce a rendere, come afferma Rosa Menkman nel suo Glitch studies manifesto, obsoleta l’opposizione reale/virtuale. È a questo punto che il glitch appare come una metafora della differenza. Il carattere estetizzante dell’immagine, come effetto di sintesi unitaria del suo processo di creazione, è smantellato. La frammentazione prende corpo e il risultato finale si mostra nel riverbero, nel rumore, nella perdita di comunicazione, di dati, che fuoriesce dal canale di trasmissione per farsi trasmissione stessa. Il codice retrostante la sintesi unitaria emerge dall’interno e sprigiona una differenza che è forza creatrice e azione vitale. Il piano ontologico del nuovo soggetto si colloca nell’immanenza del soggetto stesso, sprigionando dall’interno una differenza in termini qualitativi, non più spaziali/quantitativi, che ha a che fare con la vita stessa e il suo diffrarsi e sprigionarsi. L’immagine, che passa da unitaria a sconnessa, diffratta, è presa nella sua singolarità frantumata che mostra continui punti di fuga. L’impossibilità di un ancoraggio definitivo denota la messa in crisi del modello lineare di Shannon e dei criteri di efficacia comunicativa che lo muovevano. La necessità dell’efficienza viene meno, l’immagine frammentata dal brulicare e dall’emergere dell’errore indirizza l’opera verso lo spreco. «Distruggere in fin dei conti non sarebbe altro che ricostruire un luogo di parola»[2]. Il glitch, permettendo l’emergere del codice retrostante l’immagine, esige lo spazio di una scrittura dell’immagine. La degradazione apre ad un nuovo luogo di parola. La scrittura glitch di un testo porta all’attenzione la degradazione del materiale letterario. L’emergere del codice, tramite errore, degrada, scrive una scrittura nella scrittura, scava una lingua straniera nella lingua[3]. Questa scrittura multipla, plurale come il corpo, espone diversi stati di se stessa, ad essa appartenenti e al contempo estranei. Ciò consiste nella formula del linguaggio come perturbante[4], producendo una scrittura emersa e al tempo stesso dell’immersione, laddove il codice retrostante che in parte emerge, causa l’errore, è esemplificativo della contemporaneità immersiva in una dimensione di dati. La linearità è ribaltata in favore dell’immersivo che diviene emerso, manifestandosi come una scrittura del fuori, scrittura della scrittura che altera la superficie producendosi in lesioni visive e dissipazioni del senso.
  2. Appendice

Fra i net.artisti che negli anni ‘90 hanno realizzato opere sconfinanti nella Glitch Art: Jodi Art Collective, Joan Leandre, Entropy8Zooper, Cornelia Sollfrank, Mark Napier, Tom Betts, Ryan Johnston, Alexei Shulgin.

Fra gli autori più recenti che si sono occupati, o si occupano, di glitch in varie forme, dall’immagine al testo al video alla teoresi, ritroviamo: MironTee, Thomas Spont, Mariangela Guatteri, Donna Kuhnn, Spencer Scelby, Jukka-Pekka Kervinen, Federico Federici, Pasquale Fameli, Paul Hertz, Roberto Cortes, Alexander Limarev, Jack Galmitz, Rosa Menkman, Casey Reas.

 

Bibliografia

Barthes R., Barthes di Roland Barthes, Torino, Einaudi, 1980

Deleuze G., Che cos’è l’atto di creazione?, Napoli, Cronopio, 2013

Deseriis M.-Marano G., Net.Art L’arte della connessione, Milano, Shake Edizioni, 2003

Donaldson J., Glossing over Thoughts on Glitch. A Poetry of Error, in www.artpulsemagazine.com

Fameli P., Appunti per un’estetica della decostruzione digitale, in www.utsanga.it – rivista di critica e linguaggi di ricerca, marzo 2016

Ferraro A.-Montagano G. (a cura di), La scena immateriale. Linguaggi elettronici e mondi virtuali, Ancona-Milano, Costa &Nolan, 2000

La sottile arte del glitch. Trucchi ed errori (Mathias Jansson intervista Iman Moradi), in http://www.digicult.it/it/digimag/issue-061/the-fine-art-of-glitches-cheats-and-errors/

Lampo L. (a cura di), Net.Art 1995-2005 Connessioni leggendarie, Milano, Ready-made, 2004

Menkman R., Glitch studies manifesto. Rewrite for Video vortex II

Menkman R., The glitch moment(um), Amsterdam, Network notebooks, 04, 2011

Menkman R., A vernacular of file formats

Tursi A., Estetica dei nuovi media. Forme espressive e network society, Milano, Costa &Nolan, 2007

 

 

[1] Barthes R., Barthes di Roland Barthes, Torino, Einaudi, 1980, p. 190

[2] Barthes R., Barthes di Roland Barthes, Torino, Einaudi, 1980, pp. 74, 75

[3] Deleuze G., Che cos’è l’atto di creazione?, Napoli, Cronopio, 2013, p. 35

[4] Aprile F., Exegesis of a renunciation/Esegesi di una rinuncia, Milton Keynes, Uitgeverij, 2014, p. 12