Carl Heyward, il GAP e le comunità globali del segno
by Francesco Aprile
Il futuro è collaborativo: questo ci comunicano Carl Heyward e la sua creatura, il GAP – quel Global Art Project a cui l’artista americano ha consacrato il suo lavoro, la sua vita. Nell’esperienza della mutualità, le opere sono spesso realizzate collettivamente o in contemporanea o sfruttando, e inserendovisi a pieno titolo, i meccanismi “add&pass” tipici della mail art – e qui fa testo l’immagine di Ray Johnson che nella produzione del GAP e, in particolar modo, di Heyward torna a fare capolino con certa insistenza – il collettivo si pone come esperienza reticolare spalmata in tutto il mondo, con residenze che vanno dall’Italia agli Stati Uniti, dal Senegal al Messico, mettendo in circolo, prima che le opere, idee ed esperienze, relazioni umane che attraversano il mondo al di là dello scambio immateriale del web e sostanziano la cifra stilistica del progetto: il senso del tatto, della materialità, dello scavo segnico che è, nella prassi impostata da Heyward, l’irrompere dell’altro. Il segno come pratica di resistenza e apertura: dialogo. La furia di Hartung, l’ironia di Ray Johnson, la materialità di Rauschenberg, accompagnano la pratica di Heyward nello spazio di una mutualità fondata, ancora, sulla compartecipazione eteroclita di entità, forme e modi modulati nello spazio della pagina, dell’opera, a partire da un silenzio che è lacuna, formula accogliente di una alterità in divenire, sopravveniente, ensō di un’esperienza che non può essere isolata dal mondo. Una luminosa comunità di segni.