Breve ricettario per crudi di mare. Dieci anni di Utsanga
Perché una volta, su un terrazzo a Marina Serra (Tricase, Le), F. S. D. diceva: “Ma li senti quei due? Passano da Benedetto Croce ai ricci di mare”
Francesco Aprile
Utsanga è una realtà nata nel 2014. Il nome, che viene dal sanscrito, è da sempre un programma e significa grembo, ventre, abbraccio. L’impostazione è politica: non ci interessa tutto, ma guardiamo tutto; non portiamo una bandiera, neppure la nostra. Non ci pensiamo soldati, ma marginali briganti/sabotatori. Cerchiamo, soprattutto, lo scarto e lo accogliamo nella sua accezione plurivoca: rifiuto, ma anche rottura, superamento, differenza. Ci interessano le mappe, le storie che hanno sempre dei buchi, sempre parziali, ci interessano le crepe. Quali sono le strade rifiutate, escluse, dall’evoluzione? E, ancora, quale evoluzione? Collezioniamo incertezze, cartografie di desideri che, in quanto tali, ricercano un nuovo il quale non è definito, ma in via di definizione. Di questa “definizione” cerchiamo il processo, per stare nel flusso. L’immagine, la presentazione visiva (i contributi-muro, lo schermo-muro, illeggibili, non fruibili, spropositati), il layout, i margini che compongono le tessere sono esperienze politiche: se l’immagine prolifera (anche nella rivista) la rimuoviamo dalla home; se l’imperativo globale è quello della leggibilità, la scrittura e l’editoria diventano strutture problematico-banalizzanti all’inseguimento del diktat, allora mettiamo insieme un lavoro che guarda alle mancanze, complicando (nel senso dell’aprire spazi di crisi) questo elemento che chiamiamo testo, parola, scrittura. Non il gene (testo) né l’organismo o la specie (poesia? Lirica? Romanzo?), ma mutualità di base, ibridazione, lettera-litorale, formazioni di scarsa coesione, detriti, non-permanenza, struttura multiforme, sedimentazione di singolarità antropica-liminale dove la realtà è terreno disassemblato, contiguità.
In sintesi, ma non molto, siamo arrivati a questi primi dieci anni. Quanti altri ancora? Sarà una festa di apertura a nuove avventure o una festa di chiusura? Comunque vada, sarà una festa o, forse, sarebbe meglio dire che siamo in una festa che parte da lontano e dura da un po’ più di dieci anni; oppure, come direbbe Cristiano (Caggiula), che è un fake, ma ormai ha preso piede questa identità (che potrebbe essere il nuovo Monty Cantsin o la nuova Karen Eliot ma con la variante “cartonato” a grandezza naturale che popola ora Roma ora Parma ora il Salento), quindi, come direbbe Cristiano, in una delle sue sempre più rare apparizioni, “il compleanno di Utsanga è il tempo, non è nel tempo”. Cercando la parola “compleanno” su Google, viene fuori che fra le domande più diffuse spopola il fatidico “Perché si è tristi il giorno del compleanno?”. Domanda a cui non ci interessa rispondere. Per il primo anno ci scappò una torta, poi più nulla, ma si tratta di un nulla tecnico, dovuto a complicazioni del tipo “il pasticcere, o chi per lui, proprio non riusciva a capire cosa dovesse scrivere sulla torta: U T S A N G A”.
Una parola, tante parole. Era l’estate del 2014 quella in cui lavoravamo al primo numero, ma dato che non siamo mai stati né poeti né poeti con foto in posa da pensatore (hanno tutti la stessa foto, sono tutti la stessa foto), in bianco e nero (che poi il fotografo lo vedi sulla scala di grigi, non lo vuoi mettere alla prova questo talento?), magari con basco e foulard, tunica da santo devastato sulla croce delle lettere, pronto a rivelare al mondo le parole, con il pubblico in fedele adorazione, ecco, dicevamo, era l’estate del 2014, erano offese, a Cristiano (che potrebbe confermare se solo esistesse, ma in parte lo ha già fatto qui nella nota finale che riporto per devozione alla causa: “Il tono educato con cui mi rivolgo a Francesco Aprile è deliberatamente falso. Qui, purtroppo, ho preferito utilizzare un registro diverso da quello che con piacere riservo alle nostre conversazioni. Un registro che Francesco non manca di utilizzare con me quando, alle 11 del mattino, banchetta con i frutti di mare.” – https://www.utsanga.it/aprile-caggiula-la-questione-era-gia-stata-affrontata-e-risolta-intervista-a-cristiano-caggiula/), quindi erano parole e frutti di mare e questioni politiche e sociali e notti di faugno (vento caldo, umido, che arriva da Sud, a volte quasi non si muove, terribile) trascorse ascoltando gli Starfuckers, urlando qualcosa al megafono nelle notti salentine senza senso e, purtroppo, teorizzando, discutendo in qualche modo di qualcosa. Il punto è lì, in quell’estate, quando decidemmo di realizzare questa rivista, raccogliendo un lavoro che in realtà era iniziato già fra il 2009/2010. Ma ora ricominciamo, ripartiamo dall’inizio:
«Utsanga» è nata nel 2014 e viene pubblicata con cadenza trimestrale. Nel 2011, guardando alla crisi economica e culturale, iniziavo a maturare l’idea di un’azione impegnata, orientata alla protesta politica e sociale. Chiamai Cristiano Caggiula, che in quel momento era nel Salento, nonostante studiasse a Roma, e dopo un primo confronto telefonico ci incontrammo a Lecce. Nasceva l’iniziativa che prendeva il nome di “Contrabbando poetico” ed era segnata dall’idea di una poesia che nelle modalità fruitive guardava alla performance e all’arte parassita, cercando mezzi di diffusione a basso costo e alta circolazione, da disperdere, disseminare nei contesti urbani proponendo messaggi non consolatori, mai pacificati. [Nel mezzo, fra Contrabbando e Utsanga, fa la sua apparizione l’esperienza “Unconventional Press”, costola-evoluzione di Contrabbando e ulteriore preludio a Utsanga: Unconventional Press nasce sul finire del 2011. Continuazione diretta ed evoluzione del gruppo “Contrabbando Poetico”, si pone come luogo dove le tecniche dell’autoproduzione si intersecano con gli scenari tecnologici della contemporaneità, per la realizzazione e diffusione di condizioni di stampa unconventional a metà fra l’opera artistico-letteraria e la performance art. Il supporto connota il contesto storico.]
![](https://www.utsanga.it/wp-content/uploads/2024/09/cp_putanclub_04.jpg)
Francesco Aprile, Contrabbando Poetico/Unconventional Press, performance per il Putan Club di F. Cambuzat, I Sotterranei, Copertino (Le), marzo 2012
Da queste esperienze, sia io che Cristiano, uscivamo con la comune idea di dare corpo a qualcosa di diverso, avevamo bisogno di uno spazio, anche solo virtuale, che non fosse qualcosa di già esistente a cui aggregarsi, ma di nuovo, personale, costruito da zero con quelle che erano le nostre idee. Quindi proposi di dare vita a una nostra rivista e iniziammo a lavorare. Il percorso è stato lungo, ma alla fine, nel 2014, ci siamo decisi. Nel frattempo Cristiano era a Roma, ma dovevamo individuare un nome in grado di rappresentare al meglio quella che era la nostra idea, così, durante un lunghissimo scambio telefonico, vagliando diverse possibili soluzioni, cercando nelle lingue antiche, fra concetti filosofici ecc., la scelta è ricaduta su «Utsanga» che viene dal sanscrito e significa “grembo, ventre, abbraccio” e che, alla fine di una telefonata estenuante, Cristiano aveva tirato fuori dal cilindro. Il punto di partenza era quello di una rivista non di “partito”, impostata sulle direttrici del lavoro storico e critico guardando al recente passato e al presente; ci interessava e ci interessa, inoltre, l’aspetto documentale, operare mappature, per quanto queste si presentino sempre come parziali, sulle esperienze passate e presenti (alcuni esempi si trovano nella sezione “Edizioni in progress” della rivista: https://www.utsanga.it/edizioni-in-progress/). Il primo numero di «Utsanga» è datato settembre 2014. È un numero, per quantità di contenuti inferiore rispetto ai successivi, ma non meno intenso, nato da quelli che erano i primi contatti stretti con alcuni autori, italiani e non, nell’ambito della verbovisualità. All’inizio del 2010 risalgono i miei primi lavori (quelli resi pubblici, le prime prove, mai pubblicate, partono da lontano, dagli anni delle superiori nell’evoluzione delle grafiche punk che arrivano al 2008 in forma verbovisiva compiuta) che posso inquadrare in maniera definitiva nella poesia verbovisiva, concreta, asemica digitale. Lavoravo perlopiù in digitale, ma si trattava comunque di lavori che derivavano da un percorso più lungo e analogico, provenivo, infatti, da grafiche punk o pseudopunk, manifesti e altri materiali clandestini affissi un po’ in giro nel corso degli anni. I materiali di quel periodo, il 2010, hanno avuto una circolazione solo grazie all’incontro con Francesco Saverio Dòdaro che, agli inizi dello stesso anno, mi ha spinto a far circolare quanto avevo realizzato. Dico questo perché poi il primo numero si basava sui rapporti nati attraverso la partecipazione alle prime mostre, alle prime riviste e alle attività del movimento letterario New Page fondato nel 2009 da Dòdaro. Erano presenti, infatti, oltre me e Cristiano anche Dòdaro, la critica e scrittrice Carmen De Stasio, Maurizio Spatola, Volodymyr Bilyk, Michael Jacobson, Bartolomé Ferrando, Carl Heyward e il gruppo GAP, Rafael Gonzalez, Laura Monaldi, Luc Fierens, Biagio De Simone, Satu Kaikkonen, Bill DiMichele, Sven Staelens.
La scelta del nome è indicativa del modus operandi. Ancora, non una rivista di partito, quindi non asservita a nulla se non all’indipendenza della poesia come pensiero critico, non portatrice di nessuna bandiera, neppure di un qualche vessillo personale. Fin dall’inizio abbiamo idealmente aderito a quanto scritto da Corrado Costa in una lettera indirizzata alla redazione di “Tam Tam”: «Scrivere poesia significa non compiere il sacrificio della conoscenza, non porsi al di fuori della vita, non assumere potere». I semi della nostra attività erano quindi quelli già citati, storia e critica, intrecciati con il pensiero costiano e quel laboratorio incredibile rappresentato dalle attività e dal rigore di Francesco Saverio Dòdaro (al quale Utsanga è dedicata, a partire dal giorno della sua morte avvenuta il 9 febbraio 2018).
La rivista, che pure ospita numerose immagini di opere verbovisive, presenta sulla homepage del sito, ogni volta, l’ultima uscita, ma senza esporre anteprime di materiali grafici, affiancando una serie di schede che riportano il nome dell’autore e il titolo dell’intervento, ospitando e affiancando poetiche anche in contrasto fra loro perché “lo scontro veicola le differenze anziché appiattirle” (Gobetti). Abbiamo cercato di dare al tutto una messa in opera orizzontale nel tentativo di tenere conto del ventre e della nascita, di Utsanga. Ad ogni numero nasciamo diversi. Inoltre Utsanga porta la denominazione “rivista di analisi liminale”, e questa è la prospettiva, l’indirizzo di cui troviamo ulteriori segni nella mostra “Liminale” tenuta da me e Cristiano (Caggiula, sempre lui, direte, “una mostra con un profilo fake?” Sì, senza se e senza ma) fra novembre e dicembre del 2015 a Roma presso il Centro Culturale Gabriella Ferri e presentata da Lamberto Pignotti e Giovanni Fontana. In quell’occasione fu proprio Pignotti ad auspicare il lancio di un manifesto del liminalismo (lo abbiamo realizzato, poi, in ritardo, nel marzo del 2021); naturalmente il pensiero va al lavoro di Turner sui riti di passaggio e la liminalità, per cui delle fasi da lui individuate (una prima fase di separazione dalla realtà precedente, una seconda intesa come liminale, di transizione, dove simboli, segni, materiali, vengono ricombinati in modalità inedite, per poi arrivare all’ultimo momento che viene inteso come tentativo di aggregazione in un nuovo ordine) ci radichiamo nella seconda.
Personalmente ho sempre amato le associazioni improvvise, folgoranti, anarchiche, irregolari, i gruppi che nascono per troppa furia ed esplodono immediatamente: Contrabbando Poetico nasce nel 2011, esplode già dopo un anno, anche meno, lì ci reinventiamo io e Cristiano come Unconventional Press che nasce e muore e resiste solo come sigla ancora dal 2014 in poi dietro le fila di Utsanga, senza esserci per davvero. Nel 2021 l’apoteosi con il gruppo del Liminalismo: marzo – aprile, nasce – muore. Altri ne verranno (stanno già arrivando) o altre sigle torneranno, come quella di Contrabbando Poetico che fra dicembre 2018 e gennaio 2019, sempre con Cristiano, abbiamo riesumato nella performance “Chiuso per Dada” con una nota finale “Ti ricordi Contrabbando?”, come a dire, ecco, siamo ancora lì, quarantenni (io, lui un po’ meno) selvaggi, scazzati e insolenti, marginali convinti, come Utsanga.
![](https://www.utsanga.it/wp-content/uploads/2021/10/1633642195875.jpg)
Aprile-Caggiula, dicembre 2018/gennaio 2019, Contrabbando Poetico, Chiuso per DADA, Lecce
![](https://www.utsanga.it/wp-content/uploads/2021/10/1633642195910.jpeg)
Aprile-Caggiula, dicembre 2018/gennaio 2019, Contrabbando Poetico, Chiuso per DADA, Lecce