A proposito di “Self-printed Self-published. Il libro d’artista”
by Francesco Aprile

Da anni impegnata nella ricerca sul libro d’artista, Anna Guillot ha di recente proposto a Catania, ormai centro nevralgico per questo genere di esperienze – in Italia e non –, presso il suo On the Contemporary/Koobook Archive, un progetto espositivo in ideale continuità con la sua attività e capace di innescare riflessioni sul mezzo/oggetto-libro in ottica creativa convogliando diverse linee espressive; nello specifico, la mostra ha visto la partecipazione di Rosario Antoci, Francesco Balsamo, Marcella Barone, Gea Casolaro, Iginio De Luca, Gianluca Lombardo, Luca Quartana, la stessa Anna Guillot. La mostra è accompagnata dal catalogo/manifesto “Folio #16”, con progetto grafico di Gianni Latino e testi di Anna Guillot e Francesco Lucifora.

A partire da una pratica non più, ormai da tempo – come sottolinea Anna Guillot riprendendo Munari – da intendersi come fredda, la mostra pone al centro diverse linee di sperimentazione sull’oggetto-libro inteso come mezzo creativo: dai prototipi alle tirature limitate il punto di partenza appare ancora una volta il libro, quello di arrivo è un districarsi fra punti di vista diversi che hanno a che fare con materialità e tecnologie di volta in volta altre, ma proprio in quest’ottica tale lavoro espositivo si colloca al centro di una contemporaneità che ha fatto della sovrapproduzione uno degli elementi fondanti la propria esperienza di squilibrio e devastazione. Ma come ci si colloca? Senza dubbio in maniera critica, dialetticamente critica. La rilevanza del libro d’artista appare oggi cruciale, ben oltre l’intensificarsi delle diatribe teoriche attorno alla definizione – libro d’artista/artist book – e sua concettualizzazione in relazione al fatto che si tratti o meno di copia unica, serie limitata o tiratura di un certo spessore, e lo è proprio a partire dal fatto che in un tempo fondato su di un presente costante, pressante, dove la sensazione di prossimità “a” qualcosa è sindrome e sguardo sul mondo dei procedimenti di mercificazione de-attivazione di azioni prorompenti, sostituite da gestualità minime quali lo swipe e il click per l’acquisto che permettono di uscire temporaneamente da una pressione per passare a quella immediatamente successiva, che il libro d’artista con la sua progettualità e il lavoro in studio si innesta come elemento privilegiato d’ascolto propedeutico a ogni ricerca degna di questo nome. Quell’infinito deleuziano che si staglia nel sottrarsi al presenzialismo costante e pressante riappare nella progettualità laboratoriale del libro d’artista.

Le prospettive della mostra sono ampie e variegate: Rosario Antoci, dal canto suo, propone una speculazione che porta il libro nello spazio, in dialogo con una contemporaneità fatta di dati, informazioni, trasformando l’oggetto del sapere in installazione che irrompe, come “evento”, mondifica generando uno spazio ulteriore dove, assieme al titolo stesso dell’opera, si relazione con un mondo aleatorio mirando a “Trattenere sapere”. Il libro di Francesco Balsamo concorre, ancora una volta, a puntare il dito permettendo di focalizzare, ulteriormente, lo sguardo su di un mondo che conserva la progettualità manuale, lavorando, di fatti, su carte sciolte, in un andamento modulare che alterna testi, disegni, fotocopie, originali, bozze, segni di correzione: un libro che attualizza il processo stesso del farsi pagina, del farsi testo. Vanish è il lavoro di Marcella Barone che unisce libro d’artista, sfogliabile, e video. Lo schermo, il digitale, come maree fluide su cui si affastellano le superfici in un tutto a-prospettico e dinamico entrano in contatto con il libro, con l’oggetto fisico che emerge come un atollo e ci parlano, entrambe le diverse realtà, della compromissione geologica del pianeta. Mi libro, di Gea Casolaro per Eos Libri d’Artista di Piero Varroni, tiene insieme la pratica editoriale e la poesia concreta, lo spazialismo della stessa che nell’isolamento della parola la restituisce ad una concretezza e solidità rinnovata dove la parola, nello sprofondo della pagina, recupera nuovi sensi, sensi plurimi, aprendo alla proliferazione dei significati: “Mi libro / Mi faccio” qualcosa, mi trasformo in qualcosa, sono un libro, è il mio libro, mi equilibrio nel mare dei sensi del testo. Con l’Homebook di Iginio De Luca entriamo in relazione con modalità-gioco performative dove il libro stesso, nelle modalità di un puzzle, disarticola l’esperienza tradizionale dell’oggetto e recuperando, in un certo senso, i Puzzle-Poems di Spatola/Parmiggiani permette all’esperienza-gioco di entrare nella costruzione di un immaginario che ha nell’esperienza magica del nuovo l’elemento fondante. Il lavoro di Anna Guillot ha a che fare con tracce minime di una progettualità che anticipa la stampa facendosi opera, spazio, dialogo fra segni dove all’occorrenza è proprio l’essenza di una radicalità del segno a manifestarsi come dislocazione, ora del soggetto e del suo intervento, ora del concetto stesso di libro e stampa. Gli elementi, sono sottoposti a dislocazione, ma come? È nel concetto lo spostamento degli stessi. Nel libro di Gianluca Lombardo trionfano la fragilità, l’attraversamento, il precario. Le Torri Gemelle diventano paradigma della caducità dell’umano davanti agli eventi. La fragilità è nella modalità di presentazione delle immagini, dove all’essenza labile fra spazio e oggetto, dove i contorni sfumano nell’altro, il capovolgimento degli orizzonti apre a scenari sensoriali inediti. Il lavoro di Luca Quartana, fra poesia concreta e scrittura concettuale mette in opera sulla pagina lo spaesamento della e per la parola al punto in cui lo spazio web lucaquartana.it concorre a spostare il lavoro di spaesamento dalla forma cartacea alla struttura ipertestuale, nella ramificazione di segni minimi, essenziali, di parole che affiorano come processi di dilavante erosione della pagina elettronica.

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