Monachi Mosaici Pantaleonis in ecclesia cathedrali Hydruntina
Beppe Piano

 

 

 

A meta degli anni ’50, nella mia casa di Otranto, al 3° piano di una palazzina INA, non avevamo ancora l’acqua potabile, anzi non avevamo proprio acqua, non solo noi, ma tutto il palazzo di 6 appartamenti.

Per la esigenze indispensabili e inderogabili alla provvista d’acqua l’impegno era demandato alle sorelle maggiori, Annamaria del ’44, aveva più o meno 10 anni e Mariarosa del’ 45 di circa 9 anni. Annamaria, essendo più alta, aveva l’impegno di riempire la *quartara*, un recipiente di zinco che una volta colmo pesava da 4 ai 5 kili, pesante per una bambina.

A Mariarosa, più piccola e gracile, era dato l’impegno di riempire, possibilmente anche di riportare a casa, un secchio di zinco di appena 3 litri. Per far questo bisognava recarsi alla fontana della Villa, l’attuale Villa Idrusa.

Annamaria ottemperava al proprio dovere con diligenza e riportava a casa il suo recipiente colmo d’acqua, Mariarosa invece, canticchiando e saltellando, era grassa, toscanismo, se ne riportava 1 litro. In casa la scena era questa:

Annamaria veniva elogiata, Mariarosa regolarmente rimproverata. Penso che fu per questo unitamente ad altri motivi che Mariarosa sviluppò la sindrome di *Calimero*.

Da lì a pochi anni l’acqua fu in tutte le case e finalmente potemmo fare il bagno in casa regolarmente e non come evento straordinario e mia madre accudire alla cucina senza l’assillo dell’acqua insufficiente.

Il progresso fu rapido, l’acqua incominciò ad essere distribuita anche in bottiglia di vetro. In casa in cucina c’era il posto per l’acqua Sangemini, necessaria per la salute cagionevole di mio padre, non si poteva toccare, neanche fosse stata acqua benedetta. Le proibizioni hanno sempre stimolato il mio carattere irrequieto, una volta, di nascosto, ne assai un pochino, non la trovai per nulla di buon sapore.

Dalle bottiglie di vetro, pericolose per i bambini ma preziose per l’ambiente, si passò molto rapidamente alle bottiglie di plastica, una gioia per le casalinghe. Dopo le bottiglie, le bottigliette, i flaconi, i barattoli, anche le damigiane, rendendo costose quelle impagliate,

divennero di plastica. Progressivamente la maggior parte dei contenitori, degli attrezzi, anche dei giocattoli per bambini, molto pericolosi, diventarono di plastica.

Fu la gioia iniziale a tramutarsi in disastro ambientale in tutto il mondo. Nessun paese si salva, tutto il pianeta, sulla terra così come in mare, ancor di più, è invaso dalla plastica che, in ritardo, abbiamo scoperto essere indistruttibile, ormai le micro particelle di plastica sono entrate nel ciclo alimentare. Non solo l’ambiente è in grave pericolo, gli scienziati da tempo dicono che siamo al punto del non ritorno, anche la sopravvivenza del genere umano è in pericolo. Certo non solo la plastica è la responsabile del disastro ambientale, gli idrocarburi,

 

il petrolio e i suoi derivati industriali, i processi produttivi, che non solo sfruttano il lavoro dell’uomo, ma sfruttano anche la terra, l’aria è l’acqua. Tutto è immolato a l’unico dio che conta, il dio denaro.

Il modello capitalistico è in profonda crisi ma non è stato ancora sostituito da un modello alternativo. È necessario, indispensabile e improcrastinabile un cambio repentino di

paradigma. Bisogna assumere un comportamento virtuoso, prima a livello personale per poi coniugarlo a livello della collettività.

Facile a dirsi, molto più difficile metterlo in atto. Le politiche europee da tempo stanno legiferando in merito, alcuni comportamenti collettivi stanno cambiando, vedasi l’adozione di prodotti in plastica degradabile. Ma è solo una goccia in un mare di plastica.

Questa narrazione, in parte intimista e in parte come assunzione di coscienza ambientalista, ha l’obiettivo di introdurre l’ultimo mio progetto creativo che, con l’adozione delle recenti applicazioni di Generative Artificial Intelligence, procedure tra l’altro da me utilizzate da

diversi anni, ha affrontato, di nuovo, il ciclo musivo, opera del monaco Pantaleone, nella Cattedrale di Otranto.

Ebbene sì, in un modo o nell’altro, il mosaico otrantino rientra sempre nella mia pratica creativa. Non c’è un a ragione oggettiva, ma squisitamente soggettiva c’è eccome!

È un fatto di memoria adolescenziale, di un apparato visivo che mi incuriosiva, mi invitava alla riflessione, alla scoperta di particolari riconducibili alla mia elementare conoscenza infantile.

L’ osservazione del mosaico serviva anche per sfuggire al tedio delle funzioni religiose alle quali mi sottoponeva il mio osservante genitore.

Colgo l’occasione per confessare pubblicamente un segreto gelosamente custodito.

La Cattedrale di Otranto è dotata di 2 ingressi, uno principale e uno secondario su un lato. Quando la mia pazienza era colma, coi gesti comunicavo a mio padre che mi spostavo in un’altra parte della chiesa, mio padre annuiva.

Approfittando degli spostamenti dei fedeli sgattaiolavo fuori dalla chiesa dalla porta

secondaria e mi accompagnavo agli altri discoli, che come me, ne avevano abbastanza della funzione religiosa. Tra scherzi e risa il tempo della messa passava in fretta ma bisognava prestare attenzione al vocio all’interno della chiesa, al fatidico *ite missa est* si schizzava

dentro e ci si mescolava ai fedeli genuflessi. Con faccia innocente mi presentavo da mio padre il quale, poco convinto, mi diceva: “Ti ho cercato con gli occhi in tutta la chiesa ma non ti ho visto, dov’eri?” Risposta pronta e precotta: ” Ero dalle parti dell’Ossario!”, il luogo

diametralmente opposto alla posizione di mio padre.

Commento di mio padre: “Sarà!!” Ma il dubbio gli restava stampato in faccia.

Bene l’ho detto e ora posso essere in pace con me stesso, si fa per dire, di scheletri nell’armadio, oltre agli abiti, più o meno ne abbiamo tutti.

 

Ma cosa c’entra ciò che ho scritto fin qui, soprattutto cosa c’entra la plastica col mosaico otrantino?

Di recente ho letto un testo, l’ennesimo, inerente il mosaico di Otranto che mi ha molto incuriosito, riporto il titolo e il link:

*Suggestioni greco-romane nei tondi del ciclo dei mesi del mosaico medioevale della Cattedrale di Otranto* 10 febbraio, 2021.

http://naturalizzazioneditalia.altervista.org/suggestioni-greco-romane-nei-tondi-del-ciclo- dei-mesi-del-mosaico-medioevale-della-cattedrale-di-otranto/

Consiglio la lettura del testo citato perché introduce una chiave di lettura del ciclo musivo otrantino differente da tutte le altre riportate nelle numerose pubblicazioni inerenti all’argomento.

Ritornardo al testo citato mi ha incuriosito e coinvolto il fatto che lo stesso si concentrasse ad analizzare il Ciclo dei Mesi posto nel presbiterio della cattedrale.

Il Ciclo dei Mesi, unitamente al Ciclo dello Zodiaco, hanno rappresentato, per me, le sezioni del mosaico sulle quali la mia attenzione si è concentrata fin da giovane età.

La sequenza ordinata dei clipei, la facile decifrazione del Ciclo dei Mesi e la fascinazione esercitata su di me dal Ciclo dello Zodiaco, mi hanno portato, in varie occasioni, ad un rapporto creativo col mosaico otrantino.

Nel 2019 ho editato, con AnimaMundi edizioni di Otranto, il mio *Enigma*, nel quale mi sono relazionato alle due sezioni citate del mosaico in termini creativi, adottando per lo scopo le Reti Neurali e in specifico lo Style Transfer.

 

 

Vengo al progetto odierno che consta di 3 parti:

1_Incredibilis imago Pantaleonis monachi, auctoris pavimenti musivi cathedralis Hydruntinae;

2_Cyclus Mensium in musivo monachi Pantaleonis in ecclesia cathedrali Hydruntinae 3_Cyclus Zodiaci in musivo monachi Pantaleonis in ecclesia cathedrali Hydruntinae

Ho adottato il latino come lingua privilegiata nei titoli delle 2 sezioni del mosaico e

dell’improbabile ritratto del monaco Pantaleone, proprio per collocare il progetto creativo nella specifica attribuzione temporale del mosaico, il XIII secolo.

Nella 1a parte si rappresenta i tanti improbabili aspetti del monaco Pantaleone;  nella 2a parte si rappresenta il Ciclo dei Mesi;

nella 3a parte si rappresenta il Ciclo dello Zodiaco.

 

Cosa differenzia in maniera sostanziale questa ulteriore rappresentazione e interpretazione del ciclo musivo otrantino?

Con la Artificial Intelligence Generative e la propria creatività, se non tutto, quasi tutto è possibile.

Mi sono posto una impossibile domanda alla quale ho fornito una altrettanto impossibile risposta.

Se il monaco Pantaleone si trovasse trasferito, obtorto collo, dal XIII secolo al XXI secolo, come potrebbe e vorrebbe rappresentare il ciclo musivo della cattedrale di Otranto?

Ecco la futuribile risposta: ” Con la plastica”! L’unico materiale che non avrebbe avuto difficoltà a procurarsi e che anzi avrebbe trovato in quantità eccessiva.

Da qui il passo è stato breve: l’improbabile ritratto del monaco Pantaleone, il Ciclo dei Mesi, il Ciclo dello Zodiaco e la stessa immagine della città, tutto è immerso in un materiale altamente inquinante e pressoché indeperibile, in quantità tale da soverchiare qualsiasi altro materiale. La PLASTICA.

Ǫuesto progetto è stato reso possibile grazie a una recente applicazione di Microsoft. Ha lo scopo di farmi riflettere e di farvi riflettere

 

Beppe Piano/AsymetriA 12.08.2024