Il futuro della scrittura asemica
by Andrea Paoli

 

La scrittura asemica ha sempre fatto parte della natura dell’uomo ma solo da poco, da un percorso di rottura con le varie esperienze della poesia visiva, si è creato un movimento che va a compattarsi sempre di più. Quando parliamo di asemica parliamo di una scrittura priva di un riferimento. Asemico è tutto ciò che non ha seme, una sperimentazione continua, la creazione di un qualcosa di non definibile in alcun modo. Colui che la compie gioca a creare un non-significato o a creare un senso che deve essere interpretato in significato da chi guarda. Questo è un atto blasfemo rispetto all’ordine già costituito della rappresentazione delle cose. Uno scarabocchio.

Dobbiamo ora distinguere fra tre distinte tipologie di poesia: poesia scientifica, poesia generativa pura e poesia dei dati.

La poesia dei dati è una tipologia di scrittura sperimentale che apre la poesia all’informatizzazione non arrestandosi al suo senso formale di medium (si veda il fenomeno dell’insta-poetry in cui Instagram viene utilizzato come mezzo per sviluppare un discorso più o meno poetico) ma andando più in profondità: l’utilizzo di dati, statistiche, informazioni scientifiche e tecnologiche si staccano dal loro riferimento di provenienza per essere utilizzati come materiale per la composizione poetica. Questo processo coinvolge la poíesis tutta, infatti non solo l’oggetto della poesia è influenzata dai dati ma anche il soggetto e il processo creativo. Lo scrittore viene impattato nel senso di uno scivolamento dall’essere autore di un testo all’essere autore di un autore artificiale, ossia creatore, tramite un linguaggio di programmazione, di una macchina più o meno logica-intelligente che generi testi scritti.[1]
Già Nanni Balestrini, in tempi parzialmente sospetti ma di lontana sperimentazione, applicandosi a tecniche di scrittura automatica tramite l’utilizzo di calcoli combinatori e algoritmi, si inseriva nel fenomeno della poesia generativa.[2] La poesia dei dati va però oltre il generativo puro: lo prende e lo arricchisce continuamente dell’elemento della realtà scientifica accurata. La poesia dei dati è una poesia che insegue la scienza in modo non passivo: contribuisce attivamente al suo sviluppo verso direzioni di unione con la letteratura.
            Un esempio di poesia dei dati è “1 the Road” di Ross Goodwin il quale, tra l’altro, è stato il primo a definirsi un “data poet”, si tratta di un romanzo scritto da un’intelligenza artificiale messa a punto per formulare frasi nello stile di Jack Kerouac. Nel 2017, Goodwin, con un portatile in mano munito di vari sensori, fece un giro in macchina da New York fino a New Orleans. I dati dei luoghi captati dai sensori venivano inviati a un’intelligenza artificiale che, a quel punto, li interpretava e li convertiva in parole stampate su degli scontrini.[3] I dati scientifici, dunque, sono serviti in questo caso da mezzo per il processo di formazione del testo dimostrando praticamente l’idea dell’autore come “autore di autori”.
La scrittura stessa cambia modo d’essere: si realizza materialmente l’idea che gli antichi egizi avevano della stessa secondo la teoria menfita della creazione del cosmo: la parola scritta (il codice nel nostro caso) sarebbe il mezzo per creare le cose, non semplicemente per descriverle.[4]
La poesia derivante dai dati deve ancora trovare una sua affermazione. In Italia la poesia generativa ha trovato e trova uno spazio adeguato all’interno dello sperimentalismo. La poesia scientifica ha un’origine antica saldamente ancorata alla nostra cultura, basti citare il De Rerum Natura di Lucrezio, passando per Queneau fino ad arrivare ai giorni nostri col classico contemporaneo Franco Buffoni. Una sua poesia che voglio trascrivere perché ritengo rilevante rispetto all’argomento si intitola “Al tempo della dolce vita”[5]

Al tempo della dolce vita

A differenza di muschi e licheni
La crioconite – quel sedimento scuro
Visibile d’estate sulla superficie dei ghiacciai –
Conserva a lungo la radioattività,
Dai ghiacciai del Caucaso all’arcipelago artico
Passando per ciò che resta dei ghiacciai delle Alpi
La crioconite custodisce in abnormi quantità
Il Cesio-137 risalente all’86 chernobyliano
E persino gli isotopi di plutonio e americio
E il bismuto-207 riconducibili ai test nucleari
Effettuati in alta atmosfera al tempo della Dolce vita.
Come i polmoni degli ex fumatori
Ricordano anche ciò di cui il proprietario s’è scordato,
La crioconite s’erge a bestia-coscienza del secolo breve.

A questo punto possiamo tracciare la differenza, che io credo essere presente, fra poesia scientifica, generativa pura e dei dati. La prima è una poesia che ha ad oggetto la scienza; la seconda ce l’ha nel suo mezzo creativo e consiste nel porre in essere delle regole interne decise dall’autore mediante la creazione di un codice; la terza ce l’ha come soggetto in quanto le regole del gioco possono essere decise dall’autore fino a un certo punto: ci si affida a un insieme di dati il cui sviluppo non è direttamente controllabile dall’autore.
            Per comprendere meglio la differenza fra poesia generativa e poesia dei dati vediamo che un processo di deep learning non supervisionato, può portare a dei risultati imprevedibili e questo è quello che chiamo poesia dei dati, mentre invece, un processo di composizione mediante un percorso basato su uno schema logico rigido e definito i cui output sono, quindi, prevedibili (e solo di un certo tipo) costituiscono quello che io chiamo poesia generativa pura.
Si capisce bene come tutto ciò porti a un nuovo modo di vedere l’autore, questo viene distrutto nelle sue fondamenta, nella sua idea romantica, per diventare un ponte di collegamento fra due mondi. Da qui l’idea della poesia dei dati come un fare che “distrugge l’autore”.

La scrittura asemica vede in Italia un movimento che si compatta sempre di più, sono fondamentali le spinte e i contributi di Giuseppe Calandriello, Marco Giovenale, Francesco Aprile e tanti altri che, tramite la cura di riviste e spazi specializzati, contribuiscono a mantenere viva e inalterata l’atmosfera anticommerciale dell’internet dei primi tempi, terreno che rende giustizia alla pianta della scrittura asemica che, appunto, è “distruzione dello scritto” verso la creazione di nuove forme. Questa anticommercialità deriva proprio dal fatto che la condivisione e commercializzazione dei dati rappresentano la frontiera più avanzata del nostro modello economico: l’industria dei contenuti, infatti, è in continuo aumento e a una qualità sempre più bassa del materiale che si trova su internet corrisponde una più alta quantità con algoritmi più raffinati: i dati vengono concessi senza troppi problemi dai fruitori, i contenuti come musica, articoli di giornale, video ecc… ci raggiungono omogeneamente riducendo lo spazio di scelta e di esplorazione.[6]

In questo contesto integrare i dati in poesia può rappresentare il raggiungimento massimo di un’idea di letteratura che si consuma, oppure, al contrario, può significare la riduzione di un elemento, di norma sfruttato in via commerciale, a un dato più umano, alla creazione di un grande essere inutile. Nello stesso senso verte la scrittura asemica: la resa totale nella ricerca di nessun significato tramite i segni oppure lo storpiamento della tipografia (per definizione regolata) per creare un’alternativa. Insomma gli elementi in comune sono la creazione di un gigante inutile che al tempo stesso può essere il volano per un nuovo piccolo utile. Il compito di ogni artista che vorrà avere a che fare con la scrittura asemica è definire una specifica alternativa che si differenzi rispetto a quelle già proposte, mentre il compito del poeta dei dati sarà quello di creare una “perfetta delega” per la creazione dell’alternativa.

La teoria che propongo consiste nell’integrazione di queste due esperienze: utilizzare l’intelligenza artificiale come pratica tramite cui realizzare scrittura asemica. Questo potrebbe portare all’unione dei concetti sopra esposti: distruzione dell’autore insieme alla distruzione dello scritto. L’autore è così ridotto a ideatore astratto e ritoccatore del risultato finale. Un modo in cui ho provato a mettere in pratica questa teoria si trova in questo mesoglifico[1] sulla semplificazione dei segni del linguaggio delle macchine, ottenuto grazie all’intelligenza artificiale:

 

[1]  Andrea Paoli. “Geroglifici Zeroglifici Mesoglifici”, Utsanga 2024

[1]  Sasha Stiles. Intervista per “Le Random”. https://www.lerandom.art/editorial/sasha-stiles-on-writing-poets

[2]  Cfr. con la pioneristica opera generativa di Nanni Balestrini “Tape Mark I”

[3]  Ross Goodwin. “1 the Road”, Jean Boîte Éditions 2018

[4]  Edda Bresciani. Letteratura e poesia dell’antico Egitto. Cultura e società attraverso i testi, Einaudi 2020

[5]  Franco Buffoni. “Betelgeuse e altre poesie scientifiche”, Mondadori 2021

[6]  Kate Eichhorn. L’industria culturale nell’era digitale, Einaudi 2023