La ferraglia del mare
by Alfonso Lentini

 

Inizio

Il giorno in cui ebbe inizio l’Eternità non ci accorgemmo di nulla. Il frastuono delle fabbriche era tagliente e poi nevicava a falde larghe. Le gru innevate sembravano ali coperte di piume.

 

Scritti sull’Arte (1)

L’Arte è un fatto. Ma ci insegna ad esistere contro i fatti. Scorre oleosa, una densa mistura di liquami e catrame. Addormenta le caviglie. Sveglia le mani. Ogni tanto scompare. L’Arte è la mammella di Annaluna dopo la centesima gravidanza. L’arte non può esistere. Disprezza il futuro, odia il passato, rinnega ogni presente. È un rubinetto rotto. Una Formica Mentale smarrita in salotto. Un frullo di falene cieche sulla nuca.

Panoramica

Tutto l’intestino è occupato dalla parola orologio, la parola camicia intasa il cavo orale, la parola vendemmia è nascosta nella valvola mitralica, la palpebra destra è infiammata dalla parola pavimento. Sta nevicando e i fiocchi troppo fitti rendono indistinguibile la parola montagna.

A carte nude

A velocità di luce, a carte nude, si presenta scoscesa, protesa, a mani bruciate, a labbra inchiodate, mentre un lupo albino galoppa nel suo ventre, lei si presenta sognante, a piedi rotti, a dita spente, mentre moscerini in forma di nuvola le scarabocchiano la gola, fra i boschi urlati di luna, a lampi liquidi, a grappolo di lingua, lei si presenta viva.

Scritti Sull’Arte (2)

Il mondo rifiuta l’Arte. L’Arte rifiuta il mondo. Tanto lo rifiuta che l’Arte non esce quasi mai di casa. Quando proprio non ce la fa più, l’Arte diventa un parallelepipedo a quattro zampe e va per il mondo. Però nessuno capisce dove va. Il mondo non capisce l’Arte. La rifiuta. E l’Arte non capisce il mondo, com’è ovvio.

Cadendo

Cadiamo giù a uno a uno, a pioggia, appesi a maniglie del tram, a cavi d’acciaio, a travi di soffitto, a ombrelli, a lampadari. E cadendo pioviamo sui prati di questa primavera fasulla, a uno a uno. Nessuno ci aspetta, nessuno ci ostacola. Cadiamo giù con gusto, con orrore. Tocchiamo l’erba allibiti. Volevamo cadere all’infinito, all’infinito scrivere, discorrere a braccia aperte del nostro cadere. All’infinito copulare. Invece. Invece la truffa della primavera ci ha incatenati. Su di essa ci siamo schiantati, spaccati i crani, spezzati le ossa. Avevamo creduto nel ciclo dei ritorni. E invece.

Scritti sull’Arte (3)

Fai qualcosa. Appallottola quel foglio di carta. Poi soffiaci sopra. Fai una forma a zig zag col fil di ferro. Arte altro non è che la capacità di fare qualche oggetto. Fai il mondo, fai la vita, fai la morte.
Intreccia rametti in forma circolare di nido. Il cerchio, come il nido, non ha inizio né fine. Fai Arte.

Neve di aprile

Installata la torcia nel cellulare, apri spazi sparlucenti e ascolti la ferraglia del mare. Con grugno anticartesiano mi rispondi: non so se esisto, dunque penso vagamente. E vagamente vado. Cedo il passo a un tale che chiamano Empedocle, ammesso che costui abbia davvero pensato quelle cose. Adesso mi sistemo meglio dentro queste coperte raspacciose e se vuoi te lo scrivo sulla neve di aprile, un po’ scialba, caduta stanotte all’improvviso, sulla neve di aprile che non pensa. E che, dunque, non esiste. Te lo scrivo?

Assiomi di velluto

Taglio un pezzo di scarpa e lo incollo alla sedia. Taglio un pezzo di capra e lo incollo alla dentiera. Taglio un pezzo di naso e lo strofino sul cuscino. La casa è di muschio impastato. Il ragno non raglia. Correggere le epistassi lunari e riporle nell’armadio di Annacapra. Assiomi di velluto infastidiscono porte e pareti. Il cassetto del comò rigurgita fil di ferro e piccole trappole per catturare passeri.

Batto il pugno sul tavolo: basta, non ne possiamo più di tutti questi suicidi verbali!

Scritti sull’Arte (4)

Non ci crederai, ma ti dico che è vero. L’Arte non ce la fa più a starsene ferma dentro quella vetrina. Odia il vecchio mercante con il pizzetto bianco che l’ha messa in vendita. Cerca invisibilità. Eppure più visibile di così…

Ci dicono

Una sedia assordante. Un sasso privo di luce. Vedono tutto nonostante le palpebre metalliche sprangate. Nonostante i chiodi. Contano uno ad uno scarafaggi. Le crode ci dicono cose. Nutrendosi di cristalli e di conchiglie fossili, di certo hanno un intelletto più croccante del nostro. 

Scritti sull’Arte (5) 

Abbiamo bisogno della tua innocenza. Impara a stare nudo davanti a un quadro. Non capire, non credere, non guardare. Ridi, casomai. Combatti.

Braccia

Una Lontananza, con la sua giacca di fumo, si sporge dal lago mentre tre o quattro braccia anomale lunghe almeno dieci metri la chiamano a sé e le insegnano come completare un sogno. Vedi, le dicono poi le braccia, tu non puoi. Qui tutt’intorno è solo neve fossile. Non puoi.

Scritti sull’Arte (6)

È un pesce ma ha il corpo affollato di peli, ma è un bue con ghiandole salivari nelle ascelle, ma ha voce antracite di conchiglia, ma è un orso acefalo, un picchio rosa, un agnello vegetale, vola con certe sue aluzze di codirosso, ma è un lupastro sgozzato scuoiato e lessato, dentini da lemure, manine azzurrate, ma beve inchiostro, la sua epidermide è punteggiata di occhietti che gli spuntano e svaniscono in continuazione, ha cento piedi cento mammelle cento vulve cento lingue, ma è una pavoncella cieca, un verme grasso, un capricorno dorato, vive nel ventre di Samantha, la mia dolcissima coinquilina del sesto piano.