Performance Art e Action Poetry – oltre l’opera plurale
by Nicola Frangione
Monza – October 2006

 

La Performance Art e l’Action Poetry si inseriscono a pieno titolo tra gli eventi più significativi nel panorama della ricerca artistica internazionale, favorendo l’interscambio culturale e ponendo l’attenzione sul concetto di nomadismo come elemento fondamentale nel lavoro dell’artista, che si sposta da un territorio linguistico ad un altro e offre occasioni di riflessione sul significato e sulle tecniche di progettazione dell’opera plurale.

“Se nel tempo non fossimo del tutto altro potremmo di nuovo
ma nel tempo non essendo nuovi potremmo essere del tutto altro”

La nuova Azione Poetica deve attraversare figure di valenza interdisciplinare e sconfinare nella tensione del tempo totale. Il performer-poeta sprigiona un’immensa energia, è magma che travolge, è fiume che scorre. È interlocutore inarrestabile che riesce ad aprire con entusiasmo finestre su nuovi e antichi mondi.

La performatività poetica accoglie sinergie diversificate. Il corpo diventa materia espressiva. Nella performance art il corpo-unico non teatrale esplode in una nuova drammaturgia, dove il baricentro dello spazio-tempo lo riconduce di volta in volta in ambiti differenziati: arte visiva in movimento, installazione ambientale, poesia del corpo-vivente.

La Performance Art oggi, così come l’Action Poetry, non la si può definire con un unico frangente di analisi, perché il giudizio estetico coinvolge numerosi settori disciplinari; ma uno degli elementi di primo piano è sempre dato dall’espressività del corpo, dalla sua gestualità e da tutto il complesso delle sue manifestazioni.

A volte la centralità è vicina alla danza o alla ritualità, anche in chiave provocatoria, altre volte coinvolge la sonorità, che spesso non esclude il testo. In ogni modo il corpo espressivo si orienta verso due costanti indirizzi: uno freddo, in senso concettuale, l’altro estremamente caldo, in un’ottica esistenziale.

Queste sono le caratteristiche di una espressività artistica che ormai è piuttosto diffusa nel circuito internazionale. Ma, principalmente, oggi la performance art sembra esprimere la sua energia poetica con caratteri nomadi, non solo in senso fisico, aderendo ad un circuito internazionale che prevede spostamenti da una realtà geografica a un’altra, incontrando contesti culturali differenti, ma anche in chiave linguistica, attraverso l’impiego di strumenti e modalità interdisciplinari.

Oggi si tenta di valutare il messaggio della performance non solo esteticamente, si cerca di misurare la sua energia poetica anche in senso esistenziale.

Compito del performer è, infatti, quello di convogliare l’energia che giunge dall’esterno all’interno della performance stessa. In un certo senso la performance art rappresenta il desiderio di far rivivere nell’azione un qualcosa che esiste già all’esterno dello spazio-tempo deputato; si tratta di fondere energie interne ed esterne, creando una ricucitura tra gli elementi.

“L’opera ricca di elementi non è mai univoca pur unendosi,
nel divenire artistico prendiamo in prestito il tempo come eredità,
non è mai del tutto conclusa, resta in attesa”

È soprattutto questo aspetto che caratterizza la performance, laddove l’artista agisce per captare e plasmare messaggi, rielaborarli e farli rivivere, cosicché alla fine ogni messaggio artistico perde il possesso dell’autore.

La prima fase di ogni produzione artistica deve essere misurata sull’energia esterna e la poetica è soprattutto influenzata dall’attesa del successivo momento performativo.

A conclusione di una performance, dopo la fase dinamica del corpo, l’azione poetica interrompe il processo di attrazione, sovrapposizione, assorbimento, così che l’energia resta sospesa, rappresentando in tal modo il valore politico del gesto artistico in potenza.