Note su Brigataes
by Aldo Elefante

 

Brigataes. Les invisibles. immagine dal set.1995. ph. Pino Valente

 

Ricordo ancora il giorno in cui ebbe inizio questa avventura estetica. Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io – sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture. Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche. Andiamo, diss’io; andiamo, amici! Partiamo! Finalmente, la mitologia e l’ideale mistico sono superati. Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio. Diamoci in pasto all’Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell’Assurdo!  

Era l’anno 1992. Su mio impulso procedemmo alla fondazione del gruppo con Marina Mailler e Salvatore Petrilli. Volevo cambiare la nostra identità e dapprima pensai di prendere un nome ebraico. Poi mi venne in mente “Brigata Es”, denominazione in forma di ossimoro, due parole opposte ad indicare la possibile/impossibile unione sul terreno dell’estetica fra razionale ed irrazionale. E quel nome in quegli anni ancora preoccupava perché avvertito come destabilizzante.

Per Brigata Es, dato che qualsiasi opera pittorica o plastica è inutile, sembra necessario che almeno sia un mostro capace di spaventare gli spiriti servili. Così il gruppo tenta di mettere a nudo i meccanismi infrastrutturali del sedicente sistema dell’arte, attraverso l’esercizio di un sapiente concettualismo ludico. Invece che fermarsi nel buio del dolore, attraversarlo con slancio, per entrare nella luce della risata, questo avevamo voglia di fare. Anche il rapporto critico con la Storia – che oscilla dal calcolato prelievo di elementi dal calderone della produzione artistica universale alla documentazione di vite d’artista – diventa centrale nel cammino del gruppo. 

Brigata Es produce, per un decennio fino al 2002, video, interventi urbani, installazioni.

Nel 2003 il gruppo si scioglie. In quel momento dissi a me stesso: la libertà è tutto ciò che ancora mi esalta e risponde senza dubbio alla mia sola aspirazione legittima. Nasce così la sigla di produzione estetica Brigataes che ho utilizzato per continuare il discorso avviato collettivamente. Da quel momento viene amplificata una delle modalità della pratica artistica originaria consistente nella costruzione critica di archivi, soprattutto videoarchivi.

Una delle prime installazioni realizzate si intitola I have a dream [https://www.youtube.com/watch?v=YWg2O2Jp6PI&t=43s]. Il lavoro propone un video pieno di riferimenti a quanto si è visto, al cinema e in televisione nei quarant’anni precedenti, un archivio della memoria individuale ed un riflesso di quella del tempo.

L’idea centrale del progetto estetico di Brigataes è che l’unica arte possibile oggi è la produzione di storie dell’arte individuali o collettive, reali o immaginarie. Vivendo poi in costanza di morte dell’arte la migliore arte praticabile consiste nella memoria vera o finta di ciò che è stata o avrebbe potuto essere l’arte. Ma anche l’idea di sostituire le storie alla Storia, in modo da sdefinire il percorso classificatorio, l’ordine degli eventi, in modo da restituire frammenti di verità dell’esistente. Riguardo poi alla modalità costruttiva dei lavori bisogna dire che i progetti di Brigataes sono lenti e vanno avanti per accumulazione di materiali che poi diventano archivi e installazioni. Questo perché credo ci sia un elemento nella lentezza dell’esecuzione che si aggiunge alla possibilità di produrre qualcosa che sarà duraturo nella sua espressione, che sarà considerata importante cinque secoli dopo.

Vengono ideate così alcune installazioni:

No lives were lost [http://www.noliveswerelost.altervista.org], più di cento persone che raccontano il loro rapporto personale  con l’autore, come un grande videoritratto dell’impassibile naufrago;

Il più grande artista del mondo [http://www.ipgadmproject.altervista.org], ricostruzione del falso ritrovamento di una artista di proporzioni gigantesche, nato dalla convinzione che nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.

Cittàlimbo Archives, dal 2016 nella collezione permanente del MADRE di Napoli [https://www.madrenapoli.it/collezione/brigataes], che ricostruisce, attraverso le centotrenta testimonianze filmate dei suoi protagonisti, il trentennio 1950-1980 dell’arte campana. Con questa videoinstallazione/archivio esplicitamente si dichiara che unici ed isolati voi ci troverete sempre fedeli all’impegno di portare Napoli a centro di documentazione delle vicende dell’arte d’oggi.

Si tratta complessivamente di lavori che tentano di reagire, immettendo in circolo conoscenze e sollecitando riflessioni, al movimento di banalizzazione che, sotto i mutevoli diversivi brillanti dello spettacolo, domina a livello mondiale la società moderna.

Negli ultimi anni Brigataes ha avvertito l’urgenza di un gran lavoro negativo da compiere: spazzare, pulire. A cominciare dal linguaggio, dalle parole. Così nel 2020 viene progettata la videoinstallazione Silentes [http.//www.silentesproject.altervista.org], un dispositivo visivo nello spazio di una chiesa che presenta il lavoro di documentazione dei minuti di silenzio partito nel 2008. Silentes nasce da un interesse esistenziale per il silenzio come dimensione fattuale e/o ipotetica. I silenti in proiezione, come i santi e gli iniziati, si ritraggono dal discorso e mostrano il lato autentico della propria esistenza, perché il silenzio è nella visione di Heidegger elemento essenziale al Dasein. Viene fuori quella macchia di opacità dell’individuo che è altrimenti intraducibile. Questi video statici, come la fotografia secondo Baudrillard, restituiscono l’oggetto all’immobilità e al silenzio. Non si tratta di un silenzio casuale ma di un silenzio misurabile, un silenzio di un minuto “per far rivivere mentalmente la presenza di chi non c’è più, per celebrare gli assenti”, come scrive l’antropologo Le Breton. Quindi una sospensione del mondo per la memoria. Ma anche un tempo per la commemorazione di se stessi, per documentare uno stato di prossimità alla morte. Per la cultura classica silentes erano infatti i morti. All’installazione si affianca un archivio impossibile del silenzio online, dove sono raccolti i video realizzati e contributi originali, documenti, immagini, film, suoni, riconducibili al silenzio. Ma l’installazione Silentes, non a caso pensata per un luogo sacro, sancisce anche l’inizio di una missione parareligiosa che l’artista deve compiere: tenere accesa la fiamma di una visione interiore di cui l’opera d’arte sembra essere la traduzione più fedele per il profano.

Nel 2021 Brigataes crea il museo virtuale ES>TATE [http://www.estatecenter.altervista.org], che richiama nel nome quello di un’importante istituzione internazionale dell’arte. ES>TATE propone tutte le collezioni e gli archivi realizzati da Brigataes a partire dal 1999. Questo nuovo progetto parte da una critica radicale all’uso strumentale che oggi fa il mercato del museo d’arte contemporanea, e ripropone l’idea della pratica museale come pratica estetica. ES>TATE è una scatola in cui raccogliere tutte le mie opere come in un museo a scala ridotta, un museo portatile.

Per concludere debbo dire che attraverso Brigataes fondamentalmente mi sono servito dell’arte per stabilire un modus vivendi, per cercare di fare della mia stessa vita un’opera d’arte.

 

Links

Sito ufficiale [http://brigataes.altervista.org]

Wikipedia [https://it.wikipedia.org/wiki/Brigataes]

Ubuweb  [https://ubu.com/film/brigataes.html]

Academia  [https://independent.academia.edu/brigataes]

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