Poesia sonora: La Voix Liberée, così sia
by Francesco Aprile
Inaugurata il 21 marzo, giornata mondiale della poesia, e visitabile fino al 12 maggio presso il Palais de Tokyo a Parigi, La Voix Liberée porta all’attenzione del visitatore un ampio campionario delle esperienze di ricerca sonora dal Novecento a oggi. Curata da Eric Mangion e Patrizio Peterlini, promossa e sostenuta da Fondazione Bonotto (Molvena) e Palais de Tokyo (Parigi), la mostra presenta materiali sonori dei maggiori esponenti della poesia sonora, fra questi: Tomomi Adachi, Arcand Pierre André, Atlanta Poets Group, Martin Bakero, Gary Barwin, Caroline Bergvall, Julien Blaine, Jaap Blonk, Luis Bravo, Anne-James Chaton, Henri Chopin, Carlfiredrich Claus, Bob Cobbing, Felipe Cussen, Augusto De Campos, Paul De Vree, François Dufrêne, Eduard Escoffet, Robert Filliou, Giovanni Fontana, The Four Horsemen, Steven J. Fowler, Jérôme Game, Ilse Garnier, Pierre Garnier, John Giorno, Klaus Groh, Brion Gysin, Sten Hanson, Ian Hatcher, Bernard Heidsieck, Dick Higgins, Ake Hodell, Zuzana Husárová, Isidore Isou, Juan Angel Italiano, Ernst Jandl, Maja Jantar, Bengt Emil Johnson, Eugenji Kharitonov, Ferdinand Kriwet, Nobuo Kubota, Katalin Ladik, Anne Le Troter, Franck Leibovici, Weronika M. Lewandowska, Violaine Lochu, Arrigo Lora Totino, Ghérasim Luca, Jackson MacLow, Kgafela oa Magogodi, Michèle Métail, Enzo Minarelli, Franz Mon, Maurizio Nannucci, Seiichi Niikuni, Ladislav Novak, Clemente Padin, Arthur Peteronio, Anat Pick, Decio Pignatari, Jörg Piringer, Mimmo Rotella, Gerhard Rühm, Rike Scheffler, Carolee Schneemann, Adriano Spatola, Amanda Stewart, Demetrio Stratos, Kinga Toth, Jaromir Typlt, Louise Vanardois, Emmett Williams, Gil J Wolman, Misako Yarita.
Evolutasi nel pieno degli stravolgimenti della prima metà del Novecento, la poesia sonora porta con sé la dimensione di liberazione corporale che l’evoluzione della società covava in quegli anni. L’autore, che già aveva vissuto momenti di emancipazione estetica con le avanguardie storiche tanto da sancire il passaggio, per il poeta, ad operatore estetico, poteva così costruire la propria produzione maturando, nella piena consapevolezza della compartecipazione del corpo e della voce all’azione poetica, nuovi scenari d’azione, eleggendo la vocalità, nelle sue linee più irregolari e avventurose, a scelta di campo. Dalla poesia fonetica delle avanguardie, la poesia diventa sonora con l’intervento propulsivo delle ricerche attinenti alla poesia concreta dove, di fatto, la parcellizzazione del linguaggio portava sulla scena diverse condizioni per l’oralità rinnovata e ritrovata. La poesia, recuperando il principio ludico della poiesis, inaspriva il rapporto differenziale fra i linguaggi; l’attenzione sul fare diventava attenzione sul piacere in un contesto socio-economico seriale che, al contrario, tentava la privazione del piacere incuneando il lavoro nelle maglie grigie della ripetizione anonima e perfettamente sostituibile. La voce, secondo H. Chopin, diventava “concreta”, e il gioco, seguendo la linea spatoliana degli “Oggetti parassurealisti”, permetteva all’agire di entrare nella sfera della libertà diventando, il gioco, “l’ultima speranza della poesia”. Ancora, Spatola, in “Poesia a tutti i costi”, scriveva: “Il linguaggio è sì il campo d’applicazione del poeta, ma è anche l’attività che riflette la sua posizione come individuo, e come individuo sociale”. La condizione di individuo sociale, espressa nei termini dell’azione sonora, portava allora il poeta su territori impervi e attinenti alla messa in discussione delle forme del mondo, oltre che della poesia. La disgregazione del linguaggio, dai concreti ai lettristi, dai visivi ai sonori, ha a che fare con l’esposizione di un corpo-voce che è già deposito di una alterità significante prima ancora che la voce si addensi in significato alcuno. Il corpo e la voce, come luoghi dell’alterità diventavano anche espressione di una differenza. Il riferimento di Peterlini al Lacan di Lituraterra nell’intervento dello scorso 17 marzo, su Alfabeta, intitolato “La Voix Libérée. Il godimento della voce e del corpo nella poesia sonora”, rende bene l’idea dello stretto rapporto fra linguaggio poetico e corpo, non solo. Lo stesso Peterlini afferma “L’intento è quindi quello di un profondo rinnovamento del linguaggio poetico in modo che possa ritornare (o forse iniziare?) a dire qualcosa di reale del soggetto”. Il ritorno al dire qualcosa del soggetto diventa di fatto una forma iniziale di poesia, un momento aurorale che porta la poesia ad aprirsi su territori da cui sarà difficile tornare indietro. Se il poema concreto si dava come organizzazione strutturale, di tipo-semeiotica (Belloli), delle strutture semantiche, il poema sonoro apriva al soggetto e al suo corpo come elementi che portavano sulla scena, esponendolo, il dramma dell’erosione di un corpo-lettera inciso dal godimento e che barthesianamente si dava come corpo multiplo che mangia, riverbera, suona, ostruisce, dorme, gode ecc. Quale, dunque, lo spazio della lettera e quale quello del corpo? Dove si annida l’uno e dove l’altro. La relazione fra autore e testo si fa prossima al punto che il secondo risulta inscindibile dal corpo del primo e mai pienamente replicabile. Questa relazione porta in scena un sapere che è già della precarietà, ma del soggetto, dell’esistenza; una condizione di sapere critico che ha nella caducità la massima espressione. La Voix Liberée, allora, e così sia.
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