Oggetti, linguaggi, profumi

Francesco Aprile
2021/05/15

testo scritto per la mostra “La poesia visiva come arte plurisensoriale – L’Olfatto” di Fondazione Berardelli. Una versione ridotta sarà presente in catalogo.

 

L’oggetto espone la sua ricchezza nella lacuna che gli appartiene, costringendo, allora, alla sintesi d’orizzonte merleau-pontiana. Ma indipendentemente dalle lacune, esiste nella contiguità e nelle sue distanze, in ciò disegna la propria ricchezza, così De Mira si inserisce nella discorsività/barriera dell’oggetto fra Husserl e Merleau-Ponty. Su questa linea, riprendendo De Mira e affrontandone il pensiero, Wellington Amancio Silva traccia le linee guida di una flessibilità che è meta-sintesi; laddove la forma sembra donare le strutture definitive e protocollari all’oggetto, questo scopre la sua oziosità (De Mira) che è tutta nel non conciso, sfuggendo alla precisione geometrica e aprendo alla contiguità e alle zone d’ombra. Spigolosità, scontro, attraversamento, contiguità, intuizione, lacuna, prospettiva: sono tutti modi dell’oggetto che si verifica sempre, come tale, nella relazione. Uno stato di cose, allora, accade, ma i modi dell’oggetto tornano, si evolvono, si modificano. La postura dell’oggetto, in un contesto che vede la trasduzione del codice sul mondo (Cosimo Accoto), sposta ancora più in là l’esperienza di una info-sfera totalizzante e mercificata nella sua condizione pubblicitaria, strumentale, consegnando l’oggetto a un bagaglio di modi e forme prima di tutto linguistiche. Ogni oggetto si dà come uno dei modi possibili del linguaggio. Le self identities, come forme oggettuali di linguaggio, si nutrono di questa produzione, creandone ancora in una insistente catena significante. Ma l’oggetto della quotidianità può essere sottratto all’abitudine del suo “ozio” per essere manipolato e generare altri effetti di senso? Fuori dalla catena della merce, la merce stessa scopre la pregnanza di un altro profumo? Un oggetto “piccolo”, diremo, allora, “a”, ci guarda dalla sua irraggiungibilità: o tu schema di disfunzione delle cose aggreghi forme di parole o le dissolvi in uno sguardo, una voce, un suono, un odore? Premi, profuma? Puoi sentire il rumore? L’oggetto-profumo, sottratto alla quotidianità-merce, può riscattarsi? La fuoriuscita dall’etichettatura (Rolando Mignani) delle cose liberate, le libera ancora? O lo stato di decomposizione merceologico degli oggetti di linguaggio è talmente avanzato e irreversibile? Arrivati a questo stadio possiamo ancora indicare il cosa e il come o siamo alla rinuncia? Tu premi, senti il rumore? Profuma? Il valore dell’opera può trionfare nella rete di rapporti messi insieme dal processo, dall’azione, dalla messa in circolo di manufatti che riportano a un corpo antropico in quella sua percentuale di “a” che sfugge ai modi degli oggetti di linguaggio (?). Ma tu premi, senti il rumore? Profuma? «C’est vivre et cesser de vivre qui sont des solutions imaginaires. L’existence est ailleurs» dicevi, caro André.

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