Intervista al collettivo “Canecapovolto”
by Francesco Aprile
2015/04/12

1) Come cambia il vostro percorso dalle origini ad oggi, anche in relazione ai mutamenti socio-politici inquadrabili a stretto raggio con le mutazioni, sempre più pervasive, della comunicazione di massa?

E’ un buon periodo per comunicare, dato che è molto più faticoso ascoltare che parlare. Qualche anno fa ci siamo imbattuti per caso nell’Uomo Massa e non l’abbiamo più lasciato. E’ sorprendente come in questo scenario l’uomo, la vita umana tenda ad essere il prodotto stesso di una cultura di basso livello, scandita essenzialmente dal tempo della produzione e da quello del consumo del tempo libero.

2) La manipolazione delle immagini, dell’audio, e più in generale dei linguaggi, ottiene o può ottenere effetti di spiazzamento sollecitando di volta in volta la percezione dell’attore sociale, chiamato in causa, e tentato, quasi afferrato e tirato fuori dal torpore al quale può indurre un eccesso di informazione, di stimoli. Quanto è importante per voi che l’opera penetri nel tessuto sociale e in questo agisca in maniera critica?

Siamo convinti che il luogo della Rivoluzione non possa essere all’interno dell’opera ma nelle modalità in cui si progettano le relazioni con il cosìddetto “spettatore”. Allora bisogna liberare lo spettatore e fare di questa pratica il vero contenuto e dello spettatore il completamento dell’opera. Abbiamo provato dapprima con la dissonanza cognitiva (“l’onda cerebrale anomala” fu scoperta negli anni 70 da 2 neurologi californiani) e dopo con altri metodi. Se non ci immaginassimo dentro la testa del cosiddetto spettatore saremmo incapaci di immaginare e di sognare.

3) Ricerca sociale e ricerca sui linguaggi, nella vostra opera vanno di pari passo o una anticipa l’altra contribuendo a generarla?

Credo che siano oramai inestricabili. L’arte è però soltanto uno strumento per esprimere idee e posizioni politiche.