L’arca di Setha
by Cristiano Caggiula

Il discorso segue lo stesso intervallo,
germoglio alla noia
di un verde che acceca,
ma alla sua stagione soggiace.
Ad ogni calar del vento,
si attende il suo alieno ritorno
che pur sempre altro all’ infuori di me
è legge del mio sanguinare.
La purezza di un racconto
non perde o contrasta la riva,
perché l’uomo-scoglio, nella sua
ira,
è pieno di buchi.

***

 

A sud c’è un’arca disallineata,
trasecola l’orizzonte ricurvo,
ora su se stesso, chino.
Un vuoto commisera
il suo oggetto
e l’arca riposa
priva di timone.
Rimestare
il vuoto è un atto nobile,
inseguire il gesto
che sostituisca il suo alternante
per smaltire,
a mo’ di rifiuto
la prossima sonata.
Fastello le orbite
di romanzi a margine,
così la scelta di
pigliare a gioco
il vento che s’arriccia,
quasi un demonio d’inverno
che a stritolar piume, si rallegra.

 

***

Riservo al ventre
il sacrificio, a garanzia
del suo centro.
Ma il giorno che l’arca
i suoi elementi soddisfa
non disperde l’ellittica in qualche tempo
tra l’essere molti
e un multi-essere.
Se vuole
l’occhio spreme
e il suo olio l’uni(co)verso
attenua.