Estratti da “Tagli e credenze”
by Cristiano Caggiula

Cristiano Caggiula, Tagli e credenze, Corato, Edizioni Eureka, 2017

Tagli

T. 1.

L’uomo in disordine,
per le onde
che ha innalzato al cielo
a dissetare il vento
per la preghiera di un pesce o di un corallo
per la terra parabola della terra.

T. 2.

Voglio realizzare lì nel centro
la persistenza dell’aria
per la preghiera di un cane,
di una lepre
e del canone poetico
che è un animale
che è una bestia
che ogni tanto va uccisa
e poi contare i frammenti del cranio
in disordine,
che neanche il gusto potrebbe
ordinare alle onde di innalzarsi al cielo
e alle stoffe schiumate di tacere.

T. 5.

Voglio eliminare il respiro dal corpo
e posarlo ai piedi delle cose
poi rubare loro i nomi
e incendiare la materia
mi piacerebbe cominciare da capo
e piantare la croce della disperazione.

Credenze

C. 1.

Prova a tagliuzzare le ginocchia
e baciare le gambe che non hai più
lotta con i vermi e avvinghiati ai sassi
mangia il fango e dormi nella caverna.
Tu sei l’incontrovertibile,
vieni qui,
ho voglia di ascoltare le tue storie
di riempire le giornate dei fili d’erba,
delle foglie e della polvere.
Tu che sei il senso che striscia
per segnare la strada
tu che avanzi
con la torcia dell’eremita
dimmi dove andare
tu che non sai dove andare
seguirti è la cosa migliore.

C. 3.

Un popolo che migra è cosa seria,
poiché migrando il popolo perde il suo nome
migrando tutta l’origine perde il suo nome
e se non c’è un nome
bisogna cercare un altro nome.
Ricordano i messi inviati d’inverno:
“e un altro nome è cercato
e un altro nome è dato
e allora si è nominati
e allora si rinasce
e allora si è anonimi”.

C. 8.

Un vuoto commisera
il suo oggetto
e l’arca riposa
priva di timone.
Rimestare il vuoto è un atto nobile,
inseguire il gesto
che sostituisca il suo alternante
per smaltire a mo’ di rifiuto la prossima sonata.
Fastello le orbite
di romanzi a margine,
così la scelta di pigliare a gioco
il vento che s’arriccia
quasi un demonio d’inverno
che a stritolar piume si rallegra.

Appendice

1.
Si cade nel vuoto inespresso e inatteso

3.
o icona è il mio mediterraneo
o niente è sacro.