Nota su “A few poetry. Nietzsche’s brolly” di Gustave Morin
by Francesco Aprile

 

Gustave Morin, canadese, poeta, poeta visivo, performer, agitatore. “A few poetry. Nietzsche’s brolly” è un libro che raccoglie poesie visive e concrete, composto da elementi sottoposti a costante torsione, visiva, semantica. C’è dello spiazzamento nel lavoro di Morin? C’è prima di tutto della composizione. Performer, l’autore conosce il senso dello spazio, dell’azione e le opere verbo-visive sono affette da questo dilagare sullo spazio della pagina. Sopravvive, di fatto, l’organizzazione gestuale del corpo. Componendo l’opera, l’autore acquisisce materiali dal mondo, astraendoli: figure, pagine, dunque ritagli o strappi, lettere, altri corpi li costruisce ricorrendo all’armamentario “concreto” del typewriting producendo nodi. Ogni materiale ha quindi la connotazione di una pelle che si scontra con altre pelli. Mini-Comics senza parole entrano in contrasto con altri interventi in cui domina la dicitura “Para telefono” senza che questa giunga ad una reale connessione, restando di fatto senza parole e alludendo a un linguaggio paradossale che evidenzia i limiti stessi della lingua nel suo voler dire del mondo. Morin, accatastando materiali, sullo sfondo di una ormai acquisita tensione alla composizione, produce sensi di realtà, più che prelevarla e riprodurla. Nella sua forma, l’astrazione di Morin è già reale, laddove smette il voler dire e inizia a comunque a parlare.