Tomaso Binga: il corpo della lettera
by Panni Szirmai

 

Tomaso Binga è un’artista che sperimenta la sua identità per mezzo della sua opera. La masculinità forzata dalla cultura di oggi era già presente negli anni Settanta quando Bianca Menna si presenta come Tomaso Binga. Nel 1977 l’artista si trasforma in uomo, ovvero indossa i panni di una figura immaginaria, appunto Tomaso Binga, all’interno di una performance in cui una fotografia di un matrimonio (“Oggi spose”) aveva un ruolo fondamentale. Nella “Galleria Campo D”, a Roma, l’artista Bianca Pucciarelli Menna sposa Tomaso Binga, cosí la vita privata dell’artista confluisce in quella pubblica. Il gesto stravagante non rimane uno scherzo, diventa l’atteggiamento caratteristico dell’artista che usa l’identità maschile come alter ego (già dal 1971[1]) facendo riferimento alla situazione di emarginazione vissuta dalle donne. Con gli strumenti dell’ironia problematizza in modo radicale i ruoli tradizionali nella società e lotta contro la discriminazione delle donne che vede manifestarsi anche nel mondo dell’arte. ‘L’artista non è un uomo o una donna ma una PERSONA’ – dice[2] la poetessa visuale che facendo riferimento alle sperimentazioni delle avanguardie storiche prende lo pseudonimo addirittura da Filippo Tommaso Marinetti (nome che perde una ‘m’ delle costole, con cui viene plasmata la donna)[3].

L’atteggiamento di Binga rappresenta un feminismo arguto e impietoso che esprime critica nei confronti dell’establishment culturale italiano. Le sue opere si occupano di questioni legate alla cultura, l’educazione, la civiltà e ovviamente al ruolo della donna nella società. Il gesto del travestimento ha un doppio significato: metaforicamente si riferisce alla dominazione maschilista nella società e in particolare nel mondo dell’arte. Contemporaneamente dimostra l’assurdità della mascherazione, dell’ipocrisia che ci sentiamo costretti ad accettare nella vita quotidiana.

Fin dai primi anni Settanta Binga si dedica alla poesia visuale e alle performance poetiche. Le interessano le lettere a l’abbecedario in quanto strumenti dell’apprendimento della lingua. L’esperienza dell’insegnamento[4] nella carriera di Binga ha probabilmente influenzato la pratica artistica. I due elementi di principale importanza sono la lingua come una sorta di “munizione intellettuale” e il corpo come attrezzo di lavoro.

Nella celebre serie Scrittura vivente (1976) prende come punto di partenza il suo corpo e ne costruisce un abbecedario. Propone una lingua nuova a partire e in base al corpo umano. Bisogna tener presente però la differenza tra la rappresentazione di un corpo nudo femminile e il corpo universale dell’artista – in questo caso, appunto, di una donna. La stessa Binga sottolinea come il suo uso del corpo si strutturi senza connotazioni sociali o femministe, in quanto il corpo sarebbe un oggetto che si trasforma in scrittura, offrendo un’alternativa alla rappresentazione ‘consacrata’ di questo gesto. Il corpo diventa segno e liberandosi dei soliti riferimenti sociali che racchiude in sé.

Si tratta di un segno-gesto che tenta di conferire alla scrittura un senso più globale, una fisicità più concreta e nello stesso tempo una polivalenza di significati da opporre a ogni specializzazione.”[5]

In questo senso il „segno-gesto” della lingua del corpo può essere individuato anche nei primi artisti del la body art, i quali usavano il proprio corpo come strumento evidente e significativo. L’alfabeto di Binga costituisce una transizione tra l’espressione visuale (ossia la poesia visiva) e la body art, collegandosi anche alle performance poetiche del Gruppo 70[6]. La seria Scritture viventi è un’opera indipendente che all’interno dell’oeuvre di Binga assume un significato speciale. È una costruzione concettuale e un passo importante verso un certo attivismo artistico legato al femminismo nell’opera di Binga e allo stesso tempo nel microcontesto del periodo in cui è nata. La serie è stata realizzata in collaborazione con la fotografa Verita Monselles – anch’essa con un forte interesse verso la condizione femminile. Il punto di partenza era l’abbecedario utilizzato nella scuola materna per imparare a leggere, in cui la lettera viene sostituita dalla lettera fatta con il corpo della Binga. L’artista enfatizza l’importanza del corpo femminile come imperfetto e non mitizzato che viene utilizzato come strumento e non come un idolo della perfezione. Dalla collaborazione fruttuosa con la Monselles nasce un’altro progetto: Binga e Monselles hanno fatto un ‘tour’ insieme per le cittá italiane[7] per far vedere le loro opere di stampo femminista Ecce Homo (1976) di Monselles e Litanie lauretane o Mater (1976) di Binga trattando anche questioni legate alla religione e alla società. La cooperazione era stretta: Binga era la modella ritratta nell’Ecce Homo, un’opera che offriva una prospettiva nuova riguardo il corpo femminile nel contesto della fede[8]. Le due artiste hanno girato per l’Italia ‘per contestazione contro la religione imperante che vuole vedere la donna: o madre, o vergine o prostituta’[9]. La lettera si trasforma di nuovo: mantenendo la visualità leggermente giocosa dell’abbecedario tratta un tema serio. Per creare Mater Binga sceglie un linguaggio radicale legato anche alla spiritualità che puó anche suscitare passioni. L’opera ha come sottofondo le Litanie lauretane dal secolo XVI, le suppliche che vengono cantate in modo monotono alla fine del rosario. La caratteristica musicale della preghiera e l’atto di supplica alla Beata Vergine Maria vengono ri-contestualizzati in presenza di una scritta di lettere formate da una donna nuda. L’intenzione di Binga con un lavoro di forti connotazioni sociali era quella di ‘scuotere le coscienze’, far vedere una donna ‘con i suoi vizi e difetti’, una madre vera e propria con il corpo imperfetto e genuino. Non tratta la fede in modo irrispettoso ma mette in luce l’ambiguitá del messaggio religioso riguardante la figura della donna.

Tomaso Binga mette in dubbio le costruzioni tradizionali della società che determinano la condizione della donna. Inganna con tono ironico le regole indiscusse e le vecchie usanze socio-culturali per creare un’atmosfera di libertà in cui la parità dei generi è evidente e naturale. Purtroppo questo mondo rimane ancora immaginario.

 

 

[1] Debutta con il nome maschile in occasione della mostra “L’oggetto reattivo” alla Galleria Studio Oggetto di Caserta nel 1971.
Cristiana Perrella: Tomaso Binga. La parola è donna, Flash Art Online, No. 337, Febbraio-Marzo 2018, http://www.flashartonline.it/article/tomaso-binga/

[2] Cristiana Perrella: Tomaso Binga. La parola è donna, Flash Art Online, No. 337, Febbraio-Marzo 2018, http://www.flashartonline.it/article/tomaso-binga/

[3] Cristiana Perrella: Tomaso Binga. La parola è donna, Flash Art Online, No. 337, Febbraio-Marzo 2018, http://www.flashartonline.it/article/tomaso-binga/

[4] L’uso delle lettere e la lingua come materia prima (e l’effetto indiretto dell’esperienza pedagogica) è ravvisabile anche nell’opera di altre artiste come quella di Ketty La Rocca (es.: J, Virgola con tre punti, 1970)
Pasquale Polidori: A proposito di Nuovi studi su Ketty La Rocca, Darps, gennaio, 2016, http://www.darps.it/a-proposito-di-nuovi-studi-su-ketty-la-rocca/

 

[5] Il privilegio del nome maschile – Intervista a Tomaso Binga di Raffaella Perna, OperaViva Magazine, 18 Luglio 2016, https://operavivamagazine.org/il-privilegio-del-nome-maschile/

[6] Eventi come Poesia e no (1963, ideato da Antonio Bueno, Giuseppe Chiari, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini) accanto ai fondatori, Lamberto Pignotti e Eugenio Miccini le artiste femminili Lucia Marcucci e Ketty La Rocca hanno avuto ruolo importante.

[7] Nel 1976 le due artiste hanno inaugurato insieme mostre con le opere citate a Bari, Padova, Parma, Roma, Milano.
Raffaella Perna: Arte, fotografia e femminismo in Italia negli anni Settanta, Postediabooks, 2013. 43.

[8] Raffaella Perna: Arte, fotografia e femminismo in Italia negli anni Settanta, Postediabooks, 2013. 43.

[9] ContemporaryArt Torino, Artissima 18 – Tomaso Binga, video 5:25
https://www.youtube.com/watch?v=yWN2IL7FdEo&t=265s

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