Estratti da “Dive elemosine” (2015)
by Marina Pizzi

1.
Fanciullaggini del cristallo capire
Se si è schiusi nei giri delle rondini
2.
Occasi di elemosine guardarti
Fanciullo di giochi di sismi
Anacoreti i fiori dell’altare
Dalla tara del diavolo appassiti.
3.
Donna di strapiombo questo mare
Figliolo senza tempo ed ospizio
Nerastro corridoio senza.
Meringa a merenda fu la gioia
Rubata dalla stirpe più cattiva
Dalla viltà satanica di stare
Ebbro gerundio vivere poco.
La rotta che non ho è affare nudo
Sotto il supplizio di resistenza
La stanza tutta occaso solo contorta.
Morire per la preghiera del cantico
Colmo idiota questo soffrire.
4.
Odissee di polveri questo morire
Rimato da tagliole da trappole di sangue
Dal gendarme che ha bruciato la chiave
Con la vergogna di essere bacata
Somigliante la palude che m’inghiotte
Restaurata dalla voglia di non essere
Che scivolo di giostra per sorridere
Finalmente resa al volo di partenze
Lacrimose metriche d’echi.
La lagna della porta che scricchiola
Battezza solitudine. Le rughe a catinelle
Delle bambine vecchie. Quale rantolo
Mi sarà cortese sotto le palpebre?
5.
Vermiglie croci le asole della giubba
Per passeggiate da via crucis
Tocchi alle tempie che viaggiano morenti
E la redenzione si giura in un calamaio
Per altre poesie da dileggiare, sì dileggio.
Vermiglie croci le asole della giubba
6.
Dio allo scoglio non vedrò sirene
Né plausi di fasti per resistere
Alle incombenze delle perle in conchiglia
Accattivate dal tarlo della bellezza.
7.
Rovine di castelli ascoltare i vecchi
Le crisi vive di chi non è più
Che tarlo nel sangue guerra vuota
Tra le stamberghe del caso di morire
Con più che morti sulle spalle.
Rotonda giostra la viltà
Di fingere di volare ìlari
Oltre il rospo meraviglioso.
Sei la zanna che genera sorprese
A questo mondo stra-pazzo
Verso la fune che addirittura impicca
Le pene che girandolano nel dolo.
8.
Con la voce nel cipresso per asilo
Le colonne sibilano nel tempio
Proprio a me una fola nella tasca
Che sotto il sole si scioglie in lacrime.
Di domenica s’indossava il vestito della festa
Il tempo sembrava perenne e senza noia
Una gioia unica essere toccata da padre e madre.
9.
L’asino fatica un inferno di fatica
Spezzato da pietre e tetri pesi
Come le lucciole impazzite dal sole
O i morenti che ciondolano da fermi.
Gridi di strazi i resti che non bruciano
Le cialde amarognole del sole
Quando d’estate si amano sconosciuti
Lutti frequenti i gradi dell’ignobile.
Incesti di cespugli le autostrade pessime
Medesime da sempre in trottole di ruggine
Dove l’appello dell’universo è fame
L’orologio segna le lunghezze di serpenti.
La logica di stare è la palude che la inghiotte
Sotto farmaci che non risanano che apparenze
Il volo dalla ringhiera si fa continuo
Con cadavere da non vedere tanto sfigurato.
Tu aggiungimi alla calunnia che ti vive
Tanto da qui è solo strofa perfetta
Versi soli senza baby sitter
Né fedi dispersive per racconti.
10.
Giovinezze apolidi giocano al pallone
Logori enigmi di un fardello
Immerso nella palude di distanze.
La polvere convince gentilezze
Ad andarsene dove la morte stenta
Gl’imperi delle trottole fanciulle.
Gira il silenzio un vagito chissà
Di chi. E dove sei venerando
Cappotto indossato tra le rovine
Che non demordono donando monumento
Al nudo strazio del perpetuo rantolo.
A cena mangio sola col frigorifero
È la sfida bacata della fine commestibile.
Dove sei refrigerio dell’infanzia
Quando nessuno m’insegnava niente
E in castigo all’angolo faccia al muro
Sopportavo il mio gorgo il giogo marcio
Il refrigerio di cantare a squarciagola appena dopo.
12.
Il muschio nell’orecchio mi ricorda che debbo crepare
Uccelletto dannato senza casa
(Financo negatagli la paglia)
Il martirio è dietro l’angolo
Per padronali androni di urne e bare.
13.
mia madre è morta di strano cuore
una maretta intrisa di preghiera
la mia di sapida bestemmia
dove la pietà si annulla in urlo.
in un covo di rettitudine blasfema
ho sopportato l’agonia la gogna
dell’attesa e il silenzio finale.
con un pellegrinaggio di lenzuola
la giornata si fa atroce come la purea
di tutti i giorni e le cibarie pessime.
escludo da me la veglia della gioia
questa vanga di fanga e di gran fuoco
quando i fiori si gettano per terra
a piramide profumata. si toglie tutto
anche la croce per la cenere maligna.
resti o svapori poco importa alla baldanza
di lucciole letargiche e fuochi fatui.
i lavori degli uomini continuano
a trasportare morti per furti futuri.
si ruba ai morti tanto non costa niente
e la baldoria non barcolla un attimo.
14.
si ruba ai morti tanto non costa niente
e la baldoria non barcolla un attimo.
15.
Il ventaglio di un amore contro l’afa
Stagna. Cicatrizzata dal sonno per non
Morire è l’agguato di sempre a prendermi nel baro
Sogno di farmi bambina appena sotto l’agave.
Ave di donna l’arbitrio del tempo
La sputacchiera continua per il catarro
Di eliminare tutti i liquidi e di stare
Muschio contento fratello di boschi.
Chiodo del dolo la collana di sassi
Pietre per lapidare il dondolo in giardino
E fiaccare le corti di secoli biliari.
Per amante avevo un poeta e una gonna
A pallone era la seduzione del desiderabile
Tutto di nascosto per non stordire
Gl’innocenti fati delle fanciullezze.
Me meringa la frottola d’amare
Sotto l’occaso la guerra fratricida
E la mamma che già rantola dietro la porta
Con la gentaglia di asfalto che si fa lugubre
Brevetto di controllo a foggia di fango.
16.
Nel naso di Pinocchio appendo
Gli affetti svaniti per negligenza
Perduti. Duttile Angelo vieni al mio fianco
Così ch’io possa salire le scale
Senza fatica adesso che devo far sparire
Il corpo invecchiato. Tu talismano di dio
Non ascolti le proteste di morenti
Agostani sotto l’afa che li fa rantolare
Amici in braccio ad una madre partigiana.
17.
Il tuo disprezzo sormonta radici
Si fa potente tenebra di bravura
Nel lascito di non avere nulla
Né essere barcone protetto
Da ìlari e devoti delfini.
Le unghie nere del baratro
Solleticano l’astratto per pietà
Il fato astrale di chiamarsi stella.
Senza vendette aiutami
A migliorare le marette ripetenti
Questo remo senza zattera vicina.
Bagliore d’amore una volta un dì
Pressappoco gigante orizzonte
Sacrilego nel nome di battesimo
Il futuro del tempo che poi detona.
20.
Dio della foce portami con te
Verso la cesta dove sono i dolciumi
Senza panici di erbe velenose
Né crateri di nebbie né forti streghe
Le beghe di ogni giorno come preghiera
Detta e ascolta e fammi assolta nel vivaio delle piante
In fiore. Re canuto che mi ascolti bambina
Abbi la fretta di strapparmi
Da qui dove si piange senza ragione
E trottola la mente teschi di boia.
Dal sudario che a piene mani torna
Nave d’inchino con la bestemmia
Che i muri sbriciola e la ciotola
Si fa di pietra per la fame di tutti.
In mano al trapasso che si attarda
Demolisci il sorpasso del sole arido
La lisca che strozza appena nati.
24.
Nell’ignoranza di morire il dado tratto
Fa festa.
La parata dell’occaso è la mia
Fanghiglia.
Nessun aiuto mi sovrasta
Stato stabile beneficenza darsena.
In mano al diavolo del fato
Si arresta fasullo il mio corpo.
Volatile antenna lo sguardo
Teme sempre giacché gemello
Di penzolare a morte.
Tu sparito nel tonfo
Fosti il mio amante ballerino
Nessuna certezza un po’ di fede.
Dove mi appendo per reggermi
Passa la ruspa dello splendore maligno
E mi staglia in beffa perché vecchia.
Fui signora di spaccati enigmi
Come melograni i cani che mi vollero
Spazzina della bava del rantolo.
25.
Beve il suo rantolo come fosse crocefissa
La rugiada che non vedrà si fa saggia
A chi vive palude la gran lotta
Cresimata dall’alba già per la bara.
Toc toc il crisantemo che piange
Geme la conta delle lapidi
Massimo il signore che non si vede
Pregato massimo motto di ogni rantolo.
Accudisce la culla la cura dell’aurora
Frottola benefica di crescere-crescita
Fra scampoli di poverissimi preganti.
Cicale d’agosto questo martirio
Epocale ogni volta che si ripete
Teschio di schianto un attimo di atleta.
Olimpiade noir la prigione in folla
Fallace la rondine al soccorso.
Marine di nebbie il conforto ride
Male il riso domestico elitario.
Tu avvieni al mio abbraccio vizzo.
26.
Fui spazzina di rantoli in corsia
I gabinetti li pulii tutti
L’ultima briciola ti tolsi dal letto
Ti misi i calzini avevi freddo ai piedi
Mi dicesti ultimo. Il macello delle bende
Stava arrivando. Ti strinsero il corpo
Contorto.
Le balle di fieno nei campi
Rotolavano in balìa del vento
Dove il vano tornava fantasma.
In meno di una genìa di farabutti
Valsi resistere scorpione bianco
Vezzo di niente ormai il pio lampione.
Passava la roncola del tempo
Sotto stivali di trincea i dotti esempi
Del vate conosciuto da ragazza
Innamorandomi di lui anche al piovasco
Analfabeta scolara di versicoli
Così per stare in vita nonostante
Le trebbie del sudario più che misantrope
Le briccole dal cielo non festivi angeli.
27.
Stoppie materne appiccano il fuoco
A chi fummo. Gridano le ceneri un eremo
Mortale. Sartorie per anime da proteggere
Se finalmente pace. Primario del cielo l’arcobaleno
Battesimo e baleno la rotta del sorriso.
Il becchino porta via la mia salma
In mano a condottieri assassini.
Gesticola la nebbia un inferno nomade
Pietà destituita la tua nuca fragile
Contro Caronte che rovista la tua figura
In guerra ancora di non stare viva recidiva.
28.
E morire nel fato di cuccagna
Quando a salve si brucia l’estate
Sitibonda le fiaccole dei morti
Che abbondano ritorno nell’enclave
Dei piccoli vivi e forti eroi che non demordono
Il dono di corsia per poter guarire
Le stoffe macchiate. Scorpacciate di aureole
I molti santi e angeli a braccetto
Sotto portici di città maledette. Tutto s’inarca
Per rovesciare il mondo tediosissimo
Manfrina diavolessa non sorridere mai
La noia di coriandoli sordi
Perfino al carnevale. Fumano le rotte di morenti
Orti botanici presi allo sfiorire.
Sul balcone hanno chiuso il cane
Che piange a crepacuore. Gentaglie le rime
Che simili combaciano cipressi
Decapitati in punta. Marciumi di retoriche
Ormai anche dive le rondini.
31.
Il sangue esposto al ludibrio dei sassi
Balbetta il lutto di disperdersi
Sempre ostinato nato santo scempio.
Bravura di funambolo andarsene
Senza le pie pur ridotte stelle
Indifferenti e fatue sgranocchianti nuche
Così condannate ténere alle fosse.
32.
Il musico candore di non nascere
Scandisce i fantasmi dell’età
La cera che si consuma senza fiamma
Con il basco della giovinezza
Apolide folle risata continua
Nuda beltà di fati con i fasti
Di molti sorrisi dove si arrendono
Le falle di dolori. Elemosine adesso
Questa vita strascicata e sfatta
Sotto la giostra di non dormire più.
33.
Diario di acrobata restare
Sterno di veleno panico e dirupo
Popolare la fanfara del funerale
Innesto con la terra subito dopo.
A me non dire di salvarmi
America del fato molle
Stalle per la chimera prigioniera.
Sorridere dentro lo stabbio dei porci
E la platea che accede mistica
Chissà quale spettacolo di tattica.
Qui non è rendita la bisca
Di scavalcare i rantoli segreti
Gergali alla pietà che non traduce
Ma impiglia le ginestre controvento.
Padre d’addio prestami la giacca
Che stani finalmente i ladri che cacciano
Torrette alla vista per non farli scappare
Parenti indiavolati sul groppone popolo
Tutto senza il Partenone.
68.
Acrobata e bavaglio il giorno
Cielo d’occaso anima e sudario
Vespertino scoglio di non patire
Aggiogando le ruspe verso i cimiteri
Giogo maritale le finestre condivise
Per non spirare adesso come fogne
Di lotte senza caviglie ballerine.
Una straniera stasi mi perseguita
Come stessi sempre alla frontiera
A chieder di entrare. Furtiva scheggia
Amare chi fosti l’oltre degl’infermieri
Ammansire il cadavere alla vista
E’ divo il Sire che rinasce sùbito
Sotto le valanghe di debiti e crediti.
E’ estate e si soccombe facilmente
Dietro le fughe dei randagi che dimenticano
Il canto di alleluia mai a soccorso d’anima
Fasulla cornucopia in piazza di patibolo.
Il pensile all’ingresso raccolse fotografie
Oggi scomparse come la famiglia.
Vado a tramare una giornata fatua
Dove il filo del controllo di campare
Sia in ferie, felicità il trucco teatrale.
69.
Dal ritmo della voce voglio morire
Signora e contrabbando del mio sangue
Gli occhi di ruggine e i fagotti
Intrusi nel diabolico chetare.
70.
E’ stato eletto l’indice del giorno
La pattumiera colma da dover spartire
Sotto il sole ingenuo, credulo di fasti.
E l’angoscia si apparta ancora una volta
Sotto il diluvio di non crescita, ma sciame
Perdere il tempo patriarcale plauso.
71.
Imbroglio di caligine volersi bene
Sotto le rotaie che sono le giraffe
Di povera gente dentro il demonio
Oscuro più dell’apice dell’ernia.
Nacqui qualunque in un ergastolo
Guardato a vista dalla morte
Di già faraona di demenza
La festa di battesimo equoreo-
Mortale tale e quale alla bestemmia
D’anima natale.
In tutta acredine mi durò la vita
sconquasso quanto un eremo
al terremoto infisso.
72.
Il giro in tondo della fanciullezza
Qualora più mortale del mortale.
Ingiungi per me un platano di serra
Quasi un astuto guercio.
Ho già finito la pentola a pressione
Dell’ultima favella innamorata.
Ok me ne vado senza le uova
O le natività di viete al festivo.
73.
In un disagio di sacco ho visto l’Angelo.
Con l’ora del caffè riprendo ossigeno
Il giro invano di chiamarmi Marina
Sotto la valvola oscena dell’ozio
Che fa insonnia la ninnananna.
Presto punterò un altro sasso
Perfido di barriera ed èra nera
Le efelidi cadute ad una ad una.
Lenta morirò di pane vieto
Sotto l’origine che stiva malanni
Lagne nude le dive della casa.
Ho vicine le pallide frasche
Di far giardino il giaciglio del
Micio morto. Quale stazione dimenticherà
Di fermare la corsa sull’occaso?
In Paradiso si simulano le stelle
È delusione starci. Non resta che cibo
Scaduto dentro il frigo di stamberga.
Gara di prassi non verrò mai più
Dentro il cipresso a sperare il cielo.
74.
La diligenza rottama la mia
Voglia di morire. Non dà gioia
Né mici in amore sulle soglie
Del bello. Invano il gerundio
Della resistenza stenta a stare.
Soldato l’alunno che prega
In trincea. Certo l’avanzo della cenere
Commette merende di assassini.
Tu dove guardi per non guardarmi?
Guerre di miti i soliti noti.
Marciumi di titani volli bene
Ad un suicida.
75.
Beccata dal dolore la rondine
Teme, si annida, ma non ritrova
La bugia del buono dentro il nido.
Sfrattata stride come un libello becero
Non ha pace di giri preganti
Né galanterie dal cielo indifferente.
Il rondone di Eugenio lo salvò
L’amore del poeta generoso
Oltre l’assalto del pericolo agguato.
Tu torni dalla Russia con in mente
I due bracieri perpetuamente accesi
Contro i nazisti che lì si fermarono
Non conquistando Mosca, Russia con
Venti milioni di morti e innumere disgrazia
Dentro i monchi di braccia e gambe.
Oggi di vive la stazione dei rifugiati
L’onor di patria che dardeggia tradimento.
76.
Vicolo di colpe il mio andirivieni
Dove assonnato il corpo delle nuvole
Aiuta le bestemmie redivive.
Versi di panico contare il tempo
Dove si veste l’alba di soqquadro
Per le furie rassegnate nel pastrano.
In piena fame invento lacrimogeni
Per uccidere le molle del patibolo
I luttuosi sì che fanno tenebre
La boria del salotto tutto solo.
L’acrobata del bello mi barò le lacrime
Merende senza rondini le balie
E senza latte i soprusi eretici.
Venne con me l’aroma di soffrire
Perché non stimo la girandola del riso
Le contumelie gravi del vero rantolo.
77.
Un silenzio di roccia appare al mio polso
Ma sono viva dentro il sodalizio
Delle vestali. L’aspide dannato mi sevizia
Col furto della nuca leggera
E piange in foga la foggia del seno
Ancora pieno delle spugne aride.
Tu che sei carezza di appestati
Stai con me per disprezzo autostradale
Legaccio fatto a stemma di poveretti.
Inventa per me un angolo votivo
Dove le spalle diventino Ercole
E finalmente il tifo del ricovero
Convergerà la voga del verdetto.
Turno di giovinezza le viltà di poco
Resta la norma di piangere per sempre
Oltre il presepio che gareggia giogo
Di miserandi nascere ripetuti oltraggi.
Lo scivolo per la fossa è tutto pronto.
78.
La luna è sotto peso non ha favole
Quand’ero piccola allunarono
E guardai il muro. Nel salvadanaio
Misi la paghetta senza l’iride del possibile
Regalo. Oggi che ho la pelle vizza e
I capelli bianchi perdo la giungla dell’ultimo
Sassetto. A Venezia sfrecciavo con i calcagni
Infanti, amavo i canali innamorati di fantasmi
Smilzi perché avvelenati. Ora ho il patibolo dentro
L’iride, la giostra ruvida d’ultimi miti, spesso
Me ne vado per sconfortarmi. Angeli e santi sono bonomie
Per altri triti svarioni di capire. Grandi mostre per pochi
Quadri e le file lunghissime, guardoni i doni sotto le ruote
Del presidente della repubblica. Per 40 anni timbrai il cartellino
Per accedere al rigagnolo della sfinge più sfatta
Senza salone di bellezza. I fiori ragazzoni dei miei balconi
Protestano le spirali che non vogliono.
79.
Le tante ostie del visibile
Preghiere d’oltre per cammini in bilico
Dove si ottiene la vera stasi
Almanacco caduco guardarti morire
Fra terra e sassi bilichi di serpenti
In pena l’armonia del serenello amore.
In meno di un unguento persi mia madre
Reporter di sé ad inventare il paradiso
O il sibilo del vento reso alfabeta
Per la scazzottata con i cadaveri eccellenti
Le eccellenze di fantasmi smilzi e zitti.
I tanti indovini che popolano la sabbia
Brevettano dolori in treni vili
Dove la vetta è un tarlo mai ucciso.
80.
Dio di occaso l’avanzo degli anni
La non docenza d’anima.
Cede la benevolenza in un frusto
Spasso senza che nessuno se ne accorga.
Grandine estiva il tuo amore
Spacca altari al senza senso.
Pericolo di amplesso il vento
Colora la bestemmia di preghiera
Sotto il rapido candore della pece.
Agghindata a far festa la salma
Corregge nel panico il mondo.

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