Patch panel #1 – Considerazioni sul tempo e sulle maniglie in ottone
by Antonio Francesco Perozzi
Come sappiamo, al centro della nostra quotidianità c’è ormai una stretta relazione tra un’esperienza che viviamo e la sua immediata trasposizione in documenti, siano essi foto o testi o video o altro. Stando almeno agli ultimi dieci-quindici anni (e in particolare alla fascia dei ventenni e trentenni), il nostro modo di esperire la realtà è insomma costantemente mediato da un’opera, da un’operazione che ipostatizza gli istanti, li significa e li converte in merce di scambio con un pubblico.
La serie di scritture asemiche Questa è la mia giornata di oggi di Riccardo Benzina interviene proprio su questa pratica, va a svelare l’inganno della deduzione, lo scollamento insopprimibile tra l’accadimento e la sua significazione. Il resoconto di una specifica giornata viene infatti completamente incenerito dalla pratica asemica: il lettore/spettatore non ritrova un diario, un racconto o un film, bensì l’allusione a un diario, a un racconto o a un film, l’attestazione non semantica del fatto che qualcosa è accaduto, ma rimane fuori dal dicibile. Non in senso mistico, però, o trascendente: un segno, un appunto permane; solo che è illeggibile, e se indica la specificità di una precisa giornata, lo fa nei termini del caos e di una scrittura “sismica”, pulsionale, non mediata da un alfabeto o cultura.
Chi incappa nei lavori di Benzina deve quindi deviare l’atto interpretativo dalla lettera alla figura, tenere presente lo schema giornata-persona-figura e provare a interpretare la figura, appunto, in termini psichico-storici. Se prendiamo ad esempio la giornata del 15 maggio 2021, percepiamo la tendenza a costruire riquadri, spazi chiusi, attraversati da pseudo-scritture che non rompono le barriere in cui sono costrette e vanno a formare specie di planimetrie, stanze, operazioni (consapevolmente fallimentari, quindi ironiche) di contenimento del non-senso. È chiaro che alla base c’è un discorso sul tempo. Questo lavoro di Benzina evidenzia infatti anche una desincronizzazione della nostra esperienza: la deduzione dell’accadimento in una scrittura o figura impossibile da interpretare è anche un diario titanico, nel senso di uno sforzo di significazione del tempo specifico quotidiano che irrimediabilmente sfugge.
Tale stacco, tale différance che viene testardamente reiterata e riconfermata mi sembra sia anche la ratio fondamentale di questa gif di Wanna Marchi che dice «D’ACORDO D’ACORDO». Lo strumento della gif, di per sé, tende già a produrre il paradosso di uno sforzo di connessione ripetuto e che ripetutamente ricade nella dissociazione. Ma questa specifica di Wanna Marchi è più sorprendentemente in linea con l’opera di Benzina: la voce cerca un accordo (o ACORDO: con il caps lock che enfatizza), lo ripete nel tempo e perciò testimonia insieme il titanismo di un contatto cercato e l’esperienza di un suo perpetuo non accadimento, riconfermato per giunta dal fatto che la voce di Marchi è solo mimata, non esperita come audio ma solo come testo (che è la différance derridiana per eccellenza). Tanto in Benzina quanto in Marchi, dunque, il tempo si costituisce come orizzonte di fattualità, dove la fattualità è una realtà di desiderio del segno che ipostatizza e insieme di fallimento di ogni ACORDO conchiudibile.
Questa visione o, meglio, esperienza del tempo, come circolo interrotto e ininterrotto insieme, sfida la nota interpretazione lineare. Come si sa, la querelle tra concezione del tempo lineare e tempo circolare è antica e ben rappresentata: Nietzsche e mondo greco da una parte, Sant’Agostino e mondo cristiano dall’altra, solo per fare alcuni riferimenti. Ma volendo ricorrere a un esempio più vicino a noi e meno mediato dalla storia della cultura, possiamo prendere in considerazione lo schema della situazione metereologica a Pescorocchiano (RI) dal 30 luglio al 5 agosto 2021.
È evidente fin dal primo sguardo come il caso di Pescorocchiano (RI) rimandi a una natura “estesa” del tempo: c’è uno sviluppo (che qui si muove dal venerdì al giovedì successivo), le cui fasi sono ben evidenziate da caratteristiche peculiari (sole il 30, nuvole il 3, ecc.), che è uno sviluppo epico (dal sole iniziale al sole finale dopo la sconfitta delle nubi) e per giunta proiettato a un destino di unidirezionalità (oltre giovedì 5), dal sapore anche piuttosto apocalittico («fino al 13 agosto»: e poi?). Stando al meteo di Pescorocchiano (RI), dunque, il tempo risulterebbe innanzitutto lineare (da un’origine ex nihilo segnata al 30 luglio 2021 a un Giorno del Giudizio profetizzato al 13 agosto) e di conseguenza significabile. Se a ogni giorno spetta un preciso armamentario simbolico (una certa icona solare, certi limiti di oscillazione della temperatura, un numero ordinale, un giorno della settimana, ecc.) il tempo si manifesta qui come storia (cioè come tempo significato e irripetibile) in contrasto alla giornata di Benzina (insignificabile, dunque fuori dalla storia e sempre ripetibile proprio per la sua riluttanza alla chiusura segnica).
Per uscire da questa impasse, probabilmente, occorre separarsi dalla querelle tra tempo lineare e tempo circolare e indagare un aspetto più profondo, o comunque ulteriore, che l’inconciliabilità concettuale tra il meteo di Pescorocchiano e il lavoro di Benzina (nonché la gif di Wanna Marchi) presuppone come chiave. Ho trovato che in questo senso possono aiutare due altri materiali, ovvero la prosa Timeout 5 di Luca Zanini e la finestra del bagno di casa mia (quello al piano di sopra, ovviamente).
Timeout 5 di Zanini lavora infatti proprio in una logica altra, che tiene insieme elementi contradditori come linearità e circolarità o apertura e chiusura. Leggiamolo per intero:
si deve bisogna] evadere il vuoto la frùsta della miniera apre il museo fare fatica locale non entrare il buio del mùscolo cancella la visita guidata il mùschio sembra] rosolio un mazzo di ferri in anticipo sembra] che perdere peso qui aiuti tutto è per aria pronto all’] uso collaterale il] colloquio è andato bene male non saprei non evidenzia ferite si deve corrodere nel vuoto ma è] tempo per un nuovo falso da Vinci bottega & controbottega
L’attacco apodittico mi sembra di per sé rivelatorio: non la dismissione del cerchio o della linea, ma una (il)logica dei simili che si escludono, degli attraversamenti senza spazio. Così «si deve bisogna] evadere il vuoto», cioè la suggestione è da cercare – propone Zanini – non in un pensiero binario che oppone – mettiamo – la linea al cerchio, bensì in quella di un vuoto (l’evasione) che sorpassa un altro «vuoto», si dona a un pieno che è però non altro che il vuoto “significato”, riconosciuto, dunque aperto come fa il segno quando indica qualcos’altro e come fa l’asemico quando non indica niente. Ecco perché la prosa di Zanini è animata dallo scambio tra materia e verbi di dissoluzione («mùscolo cancella», «perdere peso», «non entrare il buio», «non evidenzia ferite»…), nonché da un uso anomalo della parentesi quadra: qualcosa che chiude senza aver mai aperto; dunque qualcosa che implica un’apertura originaria e insanabile.
Questa compresenza di chiusura e apertura (di semico e asemico) è quello che potremmo chiamare “dispositivo della maniglia (in ottone)”, che ritroviamo – in concreto, proprio – nella finestra del bagno di casa mia.
Se osserviamo la posizione della finestra (la foto risale al 30 luglio 2021, che è non a caso il giorno della Creazione, stando al meteo di Pescorocchiano) notiamo subito, infatti, le caratteristiche fondamentali dell’apertura: dal basso verso l’alto (dunque in una direzione precisa) ma con il punto dell’origine e quello della fine (il Giorno del Giudizio) celati. La finestra obbedisce per un verso al meteo di Pescorocchiano, per l’altro al nodo Benzina-Marchi, dunque afferma in forma figurale quello che Zanini dichiara in forma testuale: che il vuoto può essere evaso e che il tempo si apre o chiude senza essersi mai chiuso o aperto. In quanto dispositivo, la maniglia sposta il focus del discorso dalla scena alla sua chiave, apre lo sguardo anche al non emerso nel visibile, che è massimamente – in questo caso – la possibilità. La maniglia, voglio dire, è la possibilità dell’apertura e della chiusura, una possibilità sempre reale in quanto sempre attuata e sempre non attuata. In questo – nell’essere dispositivo e possibilità – il suo significato si fa contemporaneo al suo non significato (cioè alla sua possibile natura asemica).
Quando Zanini scrive che «è] tempo per un nuovo falso», infatti, egli intende, sì, concretamente, un «da Vinci», ma contemporaneamente illumina sul paradosso della significazione: «è] tempo» va inteso non solo come occasione specifica (per il «da Vinci») ma anche come consustanzialità (possibile, almeno) tra ciò che è tempo e ciò che è falso. E la falsità (possibile, come dispositivo o maniglia) per eccellenza è la significazione (in quanto nome che non è cosa e in quanto enunciato che può essere non vero), che è anche un sintomo del tempo (in quanto segno-che-rimanda-a).
Tutto converge dunque verso la necessità di una comprensione del tempo come maniglia in ottone, ovvero di un tempo che sia insieme storia direzionata e sfrangiata in giorni significati in se stessi (chiusi, con il loro sole) e giornate insignificabili, loop della ricerca di un ACORDO e tempo evaso. In questo senso, l’“asemicmovie” RK3JJQ01AXHY di Giuseppe Calandriello mi sembra un’ottima allegoria: Calandriello si inabissa nell’asemico, ma porta l’ipostatizzazione di Benzina al livello di un flusso, rende asemic l’anti-asemico per antonomasia, cioè quel complesso di possibilità semiche (sceneggiatura, immagine, dialogo, sovraimpressione, trama, simbolo, voce, ecc.) che è il movie.
Calandriello – specie di Stan Brakhage dank – apre dunque la possibilità di una storia (quale il film è, almeno idealmente, come sceneggiatura e successione) insignificata (asemica), che è il paradosso del tempo chiuso dal significato (i giorni del calendario) ma aperto al circolo dell’ACORDO cercato e non raggiunto. Depensare l’opposizione tra linea e cerchio (ipostasi e tensione) nel tempo e farlo nei termini di una “maniglia” che necessariamente o apre o lascia la possibilità di aprire (cioè apre chiudendo, e viceversa): questo per me è l’invito di RK3JJQ01AXHY, di Zanini, di Benzina e della finestra del bagno di casa mia.