Toti cronista del Pineta 
by Cristiano Caggiula
Gianni Toti è conosciuto per la  sua grande creazione, la Poetronica.
Artista  ricco e con produzioni strabilianti al suo seguito, nel corso della sua carriera  fu, a partire dalla seconda guerra mondiale,  giornalista-cronista e inviato per diverse testate, come L’Unita, Vie Nuove, La Voce della Sicilia e Lavoro. Questo breve articolo è dedicato a Planetario, antologia di scritti giornalistici di Toti, redatti dal 1951 al 1969 e appartenenti alle testate di Vie Nuove e Lavoro.

planetario

Saranno forniti pochi esempi per testimoniare l’attualità degli scritti, senza alcuna pretesa di esaurire la vastità dell’intera opera. L’accurata selezione degli articoli composti  da Toti cronista dinamitardo,  svelano il peso giornalistico del loro autore e fungono da grande ricchezza per chiunque desiderasse esplorare un ulteriore esempio dell’ estesa capacità dell’artista.
Le fenditure presenti negli scritti disserrano scenari minuziosi che permettono l’accesso  diretto alla storia del mondo durante gli anni che corrono dal ‘51 al ‘69 , meno di vent’anni nei quali si compatta  la dimensione sociale e politica di un futuro non così lontano. Scenario che viene finemente ricamato dal codice totiano, frutto di continue reinvenzioni, una  voce precisa di un  «linguaggio che coglie il particolare giusto per rappresentare il fatto»(Muzzioli, 2008).
La scrittura di Toti è fluida e si discosta dal classico stile giornalistico poiché tesa non solo verso la testimonianza del fatto in sé, ma verso ciò che pensa il lettore del fatto che legge, difatti l’opinione pubblica non viene risparmiata se tirata in ballo: «Bisogna ricucire la rete smagliata della consapevolezza, ricuperare il livello raggiunto, ricomprendere».
In un articolo presente in Planetario, inerente alle disastrose vicende della guerra del Vietnam l’ammonimento indirizzato all’opinione pubblica si rivela. Toti  descrive di come l’opinione e la coscienza pubblica sia in grado di risvegliarsi solo in caso di pericolo imminente. Da ciò si può comprendere come il fatto testimoniato dal giornalista  non è  isolato, ma  recupera la sua distanza poiché l’informazione della quale fruisce il lettore diviene di sua responsabilità (ovviamente non intendo affermare che lo spiacevole evento sia causa dal lettore, bensì è una responsabilità a mio avviso “planetaria”, dove l’uomo non può trascurare  ciò che i suoi simili compiono, sia nel bene che nel male).
Toti è una penna che crea il suo linguaggio, partigiano non solo della resistenza ma anche della parola. Un linguaggio che non manca  di sottile ironia, anche quando si appresta a narrare un fatto delicato, non mancano  affermazioni pungenti che si adagiano fra le righe dell’articolo e invitano il lettore alla critica.

Le testimonianze presenti  nella raccolta degli scritti giornalisti di Toti  sono fresche  più che nella loro forma nella loro materia e questa è una peculiarità resa grazie allo stile compositivo dell’autore. In un articolo del 1957  riguardante le nuove metodologie di propaganda adottate dalla Compagnia di Gesù, si schiude un tema quanto mai contemporaneo relativo alla stampa, ossia «la battaglia per l’influenza delle idee che va combattendosi in aree sempre più vaste e con mezzi sempre più giganteschi» (Toti, 1957). Qui si legge  di come i Gesuiti si siano lasciati intaccare dalla  tendenza e dalla liberalizzazione  della stampa fenomeno che oggi  si riassume in quei 140 caratteri pontifici. La spasmodica  ricerca  e il cieco  adeguamento ai nuovi metodi di informazione e propaganda, per altro senza una salda critica, non risparmia in alcun modo istituzioni di tali fattezze.
Un altro tema che dimostra la contemporaneità degli scritti giornalistici di Toti è l’erotismo.
Nell’articolo intitolato  Sesseuropa, entra in gioco grazie alla finezza di sguardo dell’autore, la sfera storico-antropologica, viene rivelato il costume del singolo  per descrivere e individuare l’intero quadro europeo. Questo articolo è interessante poichè  oltre ad essere testimonianza del commercio erotico degli anni ‘60 fornisce un  taglio pluriplanare riguardo al fenomeno, tant’è che durante la lettura risalta facilmente come  le dinamiche, oggi, siano cambiate di molto poco.
«Micro-bambole per il gigantismo erotico», siamo in quel che Toti definisce «erotizzazione dell’Europa» e la vendita di queste bamboli per adulti ne è vessillo. Il processo di erotizzazione è un evento che Toti lega non tanto al commercio, che da sempre trae profitti  dalla vendita di materia erotico, ma dall’instaurarsi di esso nella  cultura di massa e nell’industria culturale. Il tratto antropologico balza prontamente grazie all’analisi del costume europeo che toti porta avanti nell’articolo. L’anno è il 1964 e  l’ «erotizzazione del cittadino medio» è in atto. Essa  avviene, per Toti,  nei limiti di ciò che il neocapitalismo, incarnatosi nell’entertainment può offrire. È l’erotizzazione  controllata e indirizzata verso ciò che il mercato offre. Dalla «micro-bambola» per «bambini adulti», sino alle riviste erotiche nell’edicole. L’erotismo è una merce interessante per il neocapitalismo e come accennato prima tale vendita è corroborata dal legame con il costume e la cultura di massa. Toti fornisce una veduta interessante dell’intero panorama europeo degli anni ‘60. Nel corso dello scritto  affiora come l’Inghilterra abbia rinunciato al moralismo, grazie alla caduta dei miti imperiali dovuta al benessere prodotto via via del colonialismo dimodoché  i protestanti, oggi, favoriscono l’educazione sessuale e rigettano l’atteggiamento repulsivo nei confronti delle pratiche omosessuali. Ma il fenomeno non interessa solo l’Inghilterra dacché si estende capillarmente per tutta l’Europa del Nord: le librerie e le edicole sono piene di eccitanti. Il fenomeno non sarebbe di per sé nocivo se slegato dalle logiche neocapitaliste e  Toti  accede ad una traccia con il tempo sottovalutata: «il pericolo consiste nella possibilità che possiede questa industria erotica di deviare le nuove generazioni dalla via della lotta al pregiudizio sessuale quale sostegno di altri pregiudizi sociali» (Toti, 1964).
Dunque, per Toti,  la corrente di libero erotismo che si esprime come «camera di sfogo» e non «come esercizio della propria libertà naturale»  è forma deviante delle spinte di ribellione dell’Europa di quegli anni. Non manca, nella visione totiana il legame  bene saldo fra mercato del sesso e mercato della guerra che già in quegli anni cominciava a mostrarsi nelle sue potenzialità.
Gli articoli presenti in Planetario affrontano tematiche  vaste, sia  per il loro contenuto che per la loro diversità, suddiviso in sei sezioni offre una visione se pur frammentata, sufficiente ad inquadrare le vicende del pianeta: dalla guerra fredda alle rivolte dell’America Latina, dalla “nuova destra” al cinema. Toti non è mai scontato, é un cronista originale e spesso accade di confondore con piacere la sua prosa “giornalistica” con la sua poesia.

Fonti e Citazioni
Toti, G. Planetario: scritti giornalistici 1951-1969,( A cura di F.Muzzioli & M.Borelli), Roma, Ediesse, 2008.

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