ALCUNE NOTE SPORADICHE SULLA PRODUZIONE VERBOVOLUMETRICA DI EBON HEAT (VISUAL POETRY?)
by Carlo Bugli
I
Chi ignaro, posasse lo sguardo vago di confronti, sulle immagini di un ittiosauro, di un delfino e di un pesce trombetta (Macroramphosus scolopax) ne tornerebbe con la rassicurante impressione di trovarsi di fronte a tre esemplari di creature marine ascrivibili ad uno stesso genere o, almeno, allo stesso ordine.
Molte sono le caratteristiche (adattative) che i tre animali condividono e l’operante analogia (che si muove sempre sulla scorta degli elementi noti e tralascia, naturalmente, quelli non ancora palesati), porta l’osservatore a quella conclusione che, un’indagine meglio condotta ci mostrerebbe erronea: siamo alle prese, infatti, con un rettile, un mammifero ed un pesce…un caso, evidentemente, di convergenza evolutiva.
II
Si è fatta tale premessa spinti da una meditazione sulla poesia volumetrica di Ebon Heat che, al lettore europeo, potrebbe sembrare un fenomeno interno all’evoluzione della poesia concreta, di cui manifesterebbe una migrazione dal supporto bidimensionale al libero spazio a tre dimensioni.
A dispetto di tanto, gli artisti che Heat individua quali suoi immediati riferimenti storici sono Andy Warhol, Basquiat, Stuart Davis, Peter Minshall con i suoi Carnivals e, prima di tutti, Calder il cui Circo avrebbe dapprima e immediatamente suscitato in lui la vocazione all’arte.
III
Se l’elemento “spaziale” ha un ascendenza Calderiana, io credo, quello verbale presenta una genesi metropolitana. Gli stereotype, così definisce l’autore newyorkese le sue sculture verbali, sono anche emanazione della cultura hip-hop, traslazione visiva delle lirics e del rhythm dei poets , da un lato, dall’altro sempre nell’ambito della costellazione hip-hop hanno stretto legame con i graffiti metropolitani, ai quali stanno come una decantazione stereometrica.
IV
Gli stereotype, ancora, traducono in strutture visive la marea del noise che accompagna la nostra quotidianità, che ci aggredisce o carezza, i manifesti pubblicitari, le scritte murali dei writers, le insegne luminose, onde radio e video, chatting, la quantità pletorica dello scritto e del sonoro, che costituisce il sottofondo della nostra esistenza.
V
Invenzioni, reinvenzioni, sviluppi paralleli. La produzione del newyorkese non viene dal lontano della storia che dai calligrammi alessandrini giunge, attraverso le più varie contorsioni, alle più recenti sperimentazioni verbovisuali che ci sono note.
VI
Questa completa emancipazione dal supporto, questa autonomia, questo esistere per se, conversione in altro formato del noise, del graffito, al di la della filogenia sua propria, sembra cosa rilevante, comunque, degna di menzione.