Mattinata di un autore
by Jean-Francois Bory

Traduzione Gigliola Fazzini

L’incontro fra l’Eroina e l’Autore aveva avuto un carattere abbastanza insolito. L’Autore aveva bussato alla porta, l’Eroina aveva detto: “Avanti”.

Quando l’Autore era entrato nella stanza aveva visto dei vestiti su una sedia, vicino al letto. e sul letto una forma sdraiata, completamente sepolta sotto le lenzuola.

– Eroina, disse l’Autore.

– Non potete cacciarmi, disse l’Eroina da sotto

le coperte.- (Era caldo, bianco e intimo sotto le coperte). Non potete cacciarmi perché sono ca­duta scendendo dal taxi ieri sera. D’altra parte, la vostra frase non stava in piedi.

– Siete ubriaca, disse l’Autore.

– Oh sì, disse l’Eroina parlando contro il lenzuolo di cui sfiorava la trama con le labbra.

– Siete una povera sciocca, disse l’Autore.

Spense la lampada, l’elettricità aveva corso tutta la notte; adesso erano le dieci di mattina. – Siete un’alcolizzata e una povera scema. Quando siete arrivata in quest’albergo?

– Sono arrivata ieri sera subito dopo questa storia del taxi, rispose l’Eroina attraverso il len­zuolo.- Si accorse di quanto era piacevole parlare attraverso un lenzuolo. Avete già parlato attraverso un lenzuolo?

– Non cercate di fare l’idiota … Non siete spiri­tosa.

– Non cerco di far la spiritosa, parlo sempli­cemente attraverso un lenzuolo.

– Questo non posso negarlo.

– Ora potete andarvene, Signor Autore, disse l’Eroina, non lavoro più per voi.

– Ecco almeno una cosa che sapete.

– La so lunga, disse l’Eroina.- Buttò giù il lenzuolo e guardò l’Autore;- ne so abbastanza per guardarvi senza che questo mi faccia né caldo, né freddo. (L’Autore era turbato dai suoi seni scoperti, che erano grossi, molto bianchi e con due larghe aureole piatte). Volete sentire quel che so?

– No.

– Meglio così disse l’Eroina, perché in realtà

non so proprio nulla. Era solo una storia per parlare.

Si tirò di nuovo il lenzuolo sulla faccia e poi disse:

– Si sta bene sotto un lenzuolo, è una cosa che adoro.

L’Autore stava in piedi vicino al letto. Il suo viso sembrava floscio, come se stesse per met­tersi a piangere. Era un uomo fra due età, fra due libri, sempre molto indaffarato, grosso e calvo con degli occhialini dalla montatura fine placcata in oro su un naso troppo corto. Disse:

– Dovreste piantarla qui, Eroina, e fare una cura di disintossicazione. Se vi decideste, io fa­rei il necessario.

– Non voglio fare nessuna cura, disse l’Eroina.

Non ne ho la minima voglia. Sono perfettamente felice, tutta la mia vita sono stata perfettamente felice.

– Da quanto tempo siete in questo stato?

– Ecco una buona domanda, disse l’Eroina ispirando ed espirando profondamente attra­verso il lenzuolo.

– Da quanto tempo siete ubriaca in questo modo, Eroina?

– Non ho forse fatto il mio lavoro?

– Ma sì, vi ho solo chiesto da quanto tempo

siete sbronza, Eroina?

– Questo non lo so, ma il disastro è tornato, niente ha più senso. Toccò il lenzuolo con la lin­gua. – È stato ieri sera che è tornato.

– Eccome è tornato!

– Oh! Questo sì! È tornato il gusto al nulla!

Ogni volta che bevo un bicchierino se ne va. Non può sopportare l’alcool. il povero piccolo gusto al nulla. – Girò la lingua in tondo contro il lenzuolo.- È un amore questo gusto al nulla. Il disastro è tornato al suo posto. Esattamente come prima. L’Eroina chiuse gli occhi e respirò profondamente.

– Bisogna fare una cura di disintossicazione, Eroina, disse l’Autore.

– Non lo troverete spiace­vole, un mese di riposo. Non sarebbe poi così male.

– La disintossicazione, disse Eroina. non è mai molto lontana dal gusto al nulla.

– Chiudeva gli occhi e li apriva, battendo le ciglia contro il lenzuolo.-

– Eh, sì!. .. Adoro le lenzuola. Guardò l’Autore:

– Sentite, mi credete sbronza.

– Eccome!

– No, non lo sono!

– Siete ubriaca e questa notte avete avuto una crisi di delirium tremens …

– No!- L’Eroina si avvolse la testa con il len­zuolo. Lenzuolo mio caro! Respirò dolcemente attraverso. Mio bel lenzuolo, mi ami vero, len­zuolo mio caro? Ed è compreso nel prezzo della camera … Come in Giappone, vero? – disse. A­scolta, mio piccolo Autore, ho una sorpresa per te. Non sono ubriaca. Sono disperata fino al mi­dollo.

– No, disse l’Autore.

– Guardate! – L’Eroina tirò fuori il suo avambraccio sinistro da sotto il lenzuolo.

– Guardate, ecco! – Sull’avambraccio dal polso fino al gomito, c’erano dei piccoli cerchi bluastri intorno a dei minuscoli puntini blu scuro. I cerchi si toccavano quasi.

– Ecco a che punto siamo, disse l’Eroina. ­Bevo un goccetto ogni tanto, giusto per scac­ciare il gusto al nulla di questa camera.

– C’è un trattamento per questo, disse l’Au­tore.

– No, non c’è nessun trattamento proprio per

niente.

– Non bisogna restare così, Eroina, disse l’Au­tore, sedendosi sul letto con qualche pensiero recondito.

– Fate attenzione ai miei lenzuoli, disse

l’Eroina.

– Non resterete mica così alla vostra età, riempiendovi di questa sporcizia col preteso di essere depressa.

– C’è una legge contro? È questo che volete

dire?

– No, voglio dire che bisogna che ne usciate.

L’Eroina carezzò il lenzuolo con le labbra e la lingua.

_ Lenzuolo mio caro, disse. – Vi rendete

conto? Posso abbracciare questo lenzuolo e ve­derci attraverso allo stesso tempo.

_ Oh! Basta adesso con questo lenzuolo! Non

dovete continuare così, Eroina!

L’Eroina chiuse gli occhi, si sentiva venire una leggera nausea. Sapeva che sarebbe aumen­tata progressivamente senza alcuna possibilità di sollievo fintanto che non facesse qualcosa per fermarla. E allora suggerì all’Autore di bere qual­cosa. L’Autore rifiutò. L’Eroina bevve una sorsata dalla bottiglia. Era un rimedio provviso­rio. L’Autore la guardava. L’Autore era rimasto in questa camera molto più tempo di quanto avrebbe dovuto. Aveva molto da fare. Benché vivesse tutti i giorni con persone che lo strappa­vano a quel che voleva scrivere, aveva in orrore tutte le forme di sconvolgimento ed amava molto l’Eroina, aveva contato molto su di lei per trarne un piccolo testo, una piccola novella di cui aveva goduto in anticipo. Ora la sua novella era spac­ciata. Ma non aveva nemmeno voglia di andar­sene. Era costernato per lei e sentiva che una cura le avrebbe fatto bene. Tramite alcune co­noscenze sapeva di un buon istituto per questo. Ma doveva andarsene … un appuntamento … si

alzò.

_ Sentite, Autore, disse l’Eroina, ho qualcosa

da dirvi. Vi chiamano Autore, Scrittore, Roman­ziere e così via perché siete soddisfatto di ciò che fate. Me. mi chiamano Eroina e basta, per­ché non sono soddisfatta. Di niente, mai. Voi, raccontate due, tre storielline così, non troppo mal congegnate e siete contento di voi stesso. Vi basta, siete un Soddisfatto, un Vanitoso, ecco cosa siete. lo non amo che il disastro. Autore. Capite? lo fallirò sempre in tutto. Per quanto provi, fallisco sempre in tutto. – Chiuse gli occhi. _ Non ho fortuna con le storie. È terribile non aver fortuna con le parole.

– Sì, disse l’Autore.

– Cosa?

– Sì.

L’Eroina lo guardò. – Dicevate?

– No, disse l’Eroina, non dicevo nulla. – Probabilmente vi siete sbagliato.

_ Parlavate dell’esser soddisfatto con le storie. – No, non è possibile esser soddisfatti. Ma sentite, Autore, Autore mio caro – le sue labbra avevano bagnato un po’ il tessuto mentre par­lava e l’Autore guardava senza pensarci la pic­cola rientranza che si era formata sulla tela, da­vanti alla sua bocca, e che pulsava come una membrana.- Vi voglio dire un segreto. Attaccatevi ai lenzuoli, Autore. Sfuggite le donne e le storie e i (si interruppe) disastri. .. Autore. Pensate al’ lenzuolo. Nei vostri testi cercate di suscitare le sensazioni più tenui per esempio la trama del lenzuolo sulla mia lingua… le minuscole indiscrezioni del corpo. Pensate al lenzuolo altrimenti. .. Se vi piacciono le storie, finirete per scrivere merda come gli altri. Se vi piacciono le donne, Vi beccherete qualche schifezza.- Si fermò e nascose la testa sotto ‘il lenzuolo.- Cercate semplicemente di dire la sensazione del lenzuolo come la sento io.

_ Sì, disse l’Autore un po’ irritato. – Ora bisogna che me ne vada.

_ Se vi piacciono le storie, diventerete uno

scemo soddisfatto come gli altri. Se vi piacciono

le donne …

_ Sì, me l’avete già detto.

– Detto cosa?

_ Delle eroine e delle storie.

_ Oh sì! E se vi piacciono le lenzuola … – Re-

spirò forte sotto il lenzuolo, la piccola rientranza del lenzuolo scomparve, rimpiazzata da una cu­pola dilatata dal suo fragile respiro. Poi brusca­mente si tirò il lenzuolo sopra i capelli fino a stenderlo bene dietro la nuca. Sotterrarsi, farsi un sudario. – Per i lenzuoli non so. L’ho detto solo per farvi arrabbiare. Questo qua lo amo

soltanto da poco, sapete!

_ Devo andarmene, disse l’Autore. – Ho molto

da fare.

_ D’accordo, disse l’Eroina. – Tutti debbono

andarsene.

_ È meglio che me ne vada.

– Bene, bene, andatevene. _ Come vi sentite, Eroina?

_ Non sono mai stata così felice in tutta la mia

vita.

– E vi sentite bene?

_ Benissimo, andatevene. Resterò sdraiata

qui per un po’ e verso mezzogiorno mi alzerò, me ne andrò e non sentirete più parlare di me.

L’Autore se ne andò a fare un giro. Sul mar­ciapiede l’intensità della luce che intensificava lo spessore delle lenti dei suoi grossi occhiali gli faceva strizzare terribilmente gli occhi. Si attardò in città più a lungo possibile, nel trionfo estenuato di una prima mattinata di primavera.

Era un affare concluso, pensò camminando.

Non avrebbe indugiato trascinandosi indefi­nitamente con questa storia inaccettabile. Do­veva troncare brutalmente. Una volta che quella matta si fosse levata di torno, avrebbe potuto ri­prendere tranquillamente il suo racconto con personaggi più plausibili. Aveva tutta l’estate da­vanti a sé. Una storiellina molto francese, tonda e liscia, con situazioni e personaggi coerenti, ecco cosa avrebbe fatto quest’estate.

A mezzogiorno, quando, l’autore entrò nella camera dell’Eroina questa era profondamente addormentata. L’Autore era uno di quei miopi grossolani e coscienziosi in cui l’intransigenza poteva prendere bruscamente una forma spie­tata ed egli si sentì ~invadere da questo senti­mento. Ma dato che era comunque un uomo avvertito sui fatti importanti dell’esistenza, non la svegliò.

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